1992 - TRIDENT "VANNI BLEGI"

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La motocicletta che vedete raffigurata in questa pagina è una delle prime “special” su base Triumph. E’ stata preparata nel 1992 dalla Numero Tre durante il primo anno di attività nel nuovo importatore Triumph.



1992 Triumph Trident 750 Vanni Blegi Numero Tre



1992 Triumph Trident 750 Vanni Blegi Numero Tre


Nel 1992 Carlo Talamo ha appena creato la Numero Tre e sta cercando di dare visibilità al marchio inglese e alle nuove motociclette. Come scritto in altre parti, le prime Triumph arrivate da Hinckley non avevano molto di british e anche le colorazioni originali non aiutavano a caratterizzare le motociclette come “inglesi”.

L’idea iniziale è quella di caratterizzare le motociclette utilizzando gli elementi tipici delle Triumph anni ’70: verniciatura bicolore e filetti. Sono le Triumph fotografate per le pubblicità dei primi anni '90 (le trovate raccolte qui). Carlo prosegue su questa strada ed inizia a creare le prime nell’officina Numero Tre. Inizialmente sono piccole modifiche: verniciature, cupolini tagliati, scarichi, pedane allegerite, etcc.

Per questa "Trident 750 Vanni Blegi" Carlo si ricollega alle gare di durate dei primi anni ’70 ed in particolare alle Trident portate in gara dal team Koelliker e preparate all'epoca da Domenico Pettinari. La 200 Miglia di Imola, la gara che dette inizio al fenomeno endurance in Italia, diventerà in brevissimo tempo una delle gare di durata più famose d’Europa. La motocicletta di questa pagina riprende i colori della trecilindri 750 con la quale correva lo scomparso Vanni Blegi che vedete ritratto in queste foto.


1992 Triumph Trident 750 Vanni Blegi Numero Tre

1992 Triumph Trident 750 Vanni Blegi Numero Tre

1992 Triumph Trident 750 Vanni Blegi Numero Tre

1992 Triumph Trident 750 Vanni Blegi Numero Tre
Il mitico Vanni Blegi con la "Trident 750"



In realtà la base di partenza è una Daytona 750 alla quale viene eliminata la carena e tagliato il cupolino anteriore. Gli scarichi di serie vengono subito sostituiti con delle versioni più aperte ed in alcune foto sono montati delle repliche degli scarichi montati dalle prime Trident del ’69. Sono stati eliminati gli indicatori di direzione e, come si faceva negli anni ‘70,  alleggerite tramite doratura le pedane ed i relativi supporti. Il motore rimane completamente di serie se non per la verniciatura in bianco del coperchio della testa.



1992 Triumph Trident 750 Vanni Blegi Numero Tre

1992 Triumph Trident 750 Vanni Blegi Numero Tre 1992 Triumph Trident 750 Vanni Blegi Numero Tre 



In un articolo trovato su un vecchio numero di Legend Bike ho letto che inizialmente c’era una mezza idea, da parte di Carlo, di organizzare un trofeo monomarca per pubblicizzare il marchio Triumph.

Non mi risulta che questo progetto sia poi andato in porto, ma so che Carlo ha organizzato nel 1992 un’uscita in pista chiamando a guidare le nuove Trident i piloti del team Koelliker che nei primissimi anni ’70 gareggiavano, e vincevano, in sella alle mitiche trecilindri di Meriden. A questo incontro hanno partecipato Vanni Blegi, Luciano Rivabene, Antonio Rovelli, Guido Bernasconi, Giulio Scarani e Giovanni Provenzano!

Riporto qui di seguito il
racconto di quella giornata scritto direttamente da Carlo Talamo e qualche foto in pista:



CARLO TALAMO racconta la giornata a Vallelunga con gli ex-piloti del team Koelliker (da Legend Bike - dicembre 1992)


Quando decisi di importare le Triumph fu per la passione che avevo (ed ho) per questo marchio. La passione è, in me, assai più forte della ragione. Ho cercato di dirmi che con la Numero Uno e la Harley le cose andavano così bene che era stupido ricominciare tutto da capo. Ho cercato di dirmi che il mercato era in crisi. Ho cercato di raccontarmi tutte le cose intelligenti di questo mondo ed alla fine eccomi qui. Con una bella medaglia di importatore sul petto e un sacco di lavoro da fare.

Quando mi sono trovato le prime Tre Cilindri ’92 tra le mani ho subito smontato gli scarichi di serie per sentire se il suono del 3 a 120 gradi fosse lo stesso del mio vecchio 3. Beh, miracolo, in rilascio gorgoglia uguale, al minimo gira scorbutico uguale, poi ratta un po’ e allunga fortemente con un suono che sembra un organo, che è lo stesso che ha vissuto con me per sessanta, settantamila chilometri. Oddioddio. Certi suoni sono come certi profumi o certe canzoni: quando li senti ti trasportano indietro a qualche ricordo che ti emoziona. Il suono del Trident mi ha riportato ai primi anni ’70 quando sui bordi di Vallelunga sbavavo attorno alle prime 500 chilometri per moto di serie. In verità avevo una Laverda allora, e le volevo bene.

Ma quando sentivo il suono cupo e accordato, mai sgraziato, delle tre cilindri io entravo in estasi. La Laverda costava un milione. La Trident un milionequattrocentosettantamila. La paga che mi passava quella pidocchia di mia madre sfiorava le diecimila mensili. Come dire un formicone che vuole scopare un’elefantessa. Continuai a sognare e a sbavare fino al giugno del ’73 quando finalmente, non ricordo se per una eredità o una rapina, riuscii a comprare un Trident 750 cinque marce che del resto è ancora con me. Sbavavo in quegli anni sulle Trident ed invidiavo aspramente i loro piloti. Walter Villa, Vanni Blegi, Luciano Rivabene che guidava in realtà una splendida BSA tre cilindri color oro, Antonio Rovelli, Giampiero Zubiani, Gianfranco Bonera, Guido Bernasconi, Renato Galtrucco e più di tutti Giovanni Provenzano, reo ai miei occhi di essere ricco, biondo, pieno di ragazze, diciottennt, padrone di una Trident rossa e pure, mannaggia, vincitore a Monza. Velocissimo. Tutti questi piloti facevano parte di quel team koelliker che si permise di spadroneggiare un po’ dappertutto scodellando delle Trident che, lontane millemiglia dal regolamento delle moto di serie, furono addirittura più veloci delle Trident made in Inghilterra.

Molti piloti privati ebbero a che fare con Trident più o meno efficaci: uno, Giulio Scarani, fu mio caro amico di quegli anni di motociclismo allo stato puro.

Sono passati quasi vent’anni da allora…

Ma il suono della mia nuovissima Trident mi ha fatto venire in mente di rintracciare tutti quei ragazzi che furono miei idoli e rimetterli tutti assieme per una bella giornata di motocicletta.

Ecco tutto: ho preso il telefono e con un po’ di timidezza ho cercato di spiegare a persone che in molti casi non sapevano nemmeno chi io fossi, che avrei voluto resuscitare, per un giorno, un pezzettino di quell’emozione. Un po’ di quel suono e quelle facce che certamente il tempo avrà segnato. Solo ad uno non ho potuto telefonare: quel Renato Galtrucco che morì a Monza nell’estate del ’73 in una tragica giornata nella quale morirono in tre.

Gli altri li ho stanati tutti. E con tutti ho parlato: simpatici, antipatici, entusiasti, scettici, freddi, estremamente accoglienti, sospettosi, compagnoni. Ognuno con un diverso carattere e reazioni.

Ad ognuno mi sono appassionato. E ho pensato che nella giornata di Vallelunga le moto non avrebbero contato poi molto. Le persone avrebbero inciso i miei ricordi. Ho pensato che avrei voluto chiedere ad un giornalista di intervistare questi uomini per raccontare vent’anni del loro tempo. Venti anni di vite differenti, successi ed insuccessi. Non l’ho saputo fare. Forse le belle cose vanno organizzate da qualcuno più capace di me, o forse le belle cose non interessano più a nessuno.

Io e il telefono. Io che cerco i numeri. Io che parlo: Zubiani mi dice di no subito. Mi dice del molto lavoro che ha da fare. Mi saluta. Non è gentile. Nemmeno interessato. Non l’ho più sentito.

Gianfranco Bonera mi dice che verrà. Non è venuto. Non l’ho più sentito. Walter non lo conosco, affido il compito di contattarlo ad un comune amico il quale mi conferma la partecipazione. Walter non viene. Mi telefona in seguito per ringraziarmi. Peccato. Vanni Blegi dice di sì prima che io finisca di parlare, del resto me lo aspettavo, Vanni ha un entusiasmo neppure sfiorato dal tempo. Vanni è un uomo grande adesso ma traffica con le moto e le macchine da corsa ad ogni domenica. Luciano Rivabene, nonostante i suoi ultracinquantanni dice di sì dopo un microsecondo di riflessione. Mi sembra di sentire un po’ di commozione. Ma forse è una mia impressione. Luciano è un uomo sereno e rasserenante nonostante in alcuni casi la vita non gli sia stata amica.
Antonio Rovelli, dice di sì nonostante tra appuntamenti al sabato ed uno importantissimo alla domenica pomeriggio. Avrei giurato che non sarebbe mai arrivato: sfrecciando a fare Milano, Cagliari, Vallelunga, Milano superando ogni record. E stabilendosi d’autorità nel mio cuore tra le persona affidabili e credibili. Antonio ha anche sfoggiato una memoria lucida fin nei particolari nel ricordo degli anni delle gare di moto di serie.

Guido Bernasconi è molto simpatico ma dice chiaramente di no. Poi pena e dice va bene. Poi dice:” però vaso piano, sono vent’anni che non tocco una moto”. La domenica a Vallelunga girava tranquillo e veloce come nel salotto di casa sua. Giulio Scarani dice di no. Poi richiama e dice “Te prego c’ho ripensato dimme di sì”. Poi si è divertito come un pupo al primo giorno d’asilo.

Giovanni Provenzano sembra distaccato. Mi dice che in questi anni ha ricevuto varie proposta come la mia. Ha sempre detto di no. Non insisto, però parlo di motociclette. Di Triumph. Di come mi ricordo le gare di allora. Della sua Triumph tutta, tutta rossa, col tre in uno bianco.

Non so cosa succede. Il distacco muore. Giovanni dice di sì. Cosa sia successo non lo so.

Mi piace pensare di essere riuscito a comunicargli l’emozione che ho provato a rincontrare quel ragazzino che andava così forte e che, quasi quarantenne, mi ha sorpreso per la rara dote di sapere coniugare una straordinaria fermezza di carattere, con una intelligenza sensata e quasi disarmante e una delicatezza sconosciuta ad un uomo.

Giovanni a Vallelunga ha girato fortissimo. Come se in vent’anni di lontananza dalle piste e gli oltre dieci anni di lontananza dalle motociclette fossero soltanto un’illusione. A vederlo da fuori sembrava passeggiasse. Ma era così anche negli anni ’70. Sembrava fermo. Però vinceva. E’ la dote dei campioni. Forse Giovanni tornerà a correre nelle storiche con una Trident. Io spero che succeda.

La domenica di Vallelunga è stata emozionante e struggente. Non l’ho fatto per vendere la mia mercanzia. L’ho fatto per fare bene al mio cuore. E quel che ho ricevuto vale più di ogni classifica di vendita.


Carlo Talamo



1992 Triumph Trident 750 Vanni Blegi Numero Tre
Un'altra "Trident 750" guidata da Luciano Rivabene

1992 Triumph Trident 750 Vanni Blegi Numero Tre
Il mitico Vanni Blegi con la "Trident 750" e altri due ex-piloti del team Koelliker degli anni '70



1992 Triumph Trident 750 Vanni Blegi Numero Tre 1992 Triumph Trident 750 Vanni Blegi Numero Tre 1992 Triumph Trident 750 Vanni Blegi Numero Tre
Il mitico Vanni Blegi con la "Trident 750" che, in questa occasione, monta gli scarichi tipo "flashgun"



1992 Triumph Trident 750 Vanni Blegi Numero Tre

1992 Triumph Trident 750 Vanni Blegi Numero Tre




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