Storia Triumph
1983 - 1990

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1971-1983 Indice Storia Triumph
1991-1999





1983 


L’ultima Triumph Bonneville 750cc scende dalla linea di produzione di Meriden gennaio del 1983.

Il 26 agosto dello stesso anno i lavoratori di ciò che rimane della gloriosa Triumph, decidono per il fallimento della Meriden Motorcycle Limited Cooperative. Nello stesso giorno inizia il lavoro di valutazione del patrimonio della cooperativa da parte del liquidatore incaricato Mr. Peat Marwick Mitchell.

Il primo valore sommario del patrimonio è fissato a circa £ 1.000.000 per lo stabilimento ed altre £550.000 per il marchio e le varie attività in essere. La vendita dello stabilimento, separata dalla liquidazione, viene portata avanti da Marwick con il supporto della società di valutazione Grimley and Sons.

La Tarmac Homes, una società edile inglese concorrente della "Bloor's home" dello stesso John Bloor oggi proprietario di Triumph Motorcycles, acquista il glorioso stabilimento di Meriden - costruito nel 1942 - ed i relativi terreni. Lo stabilimento è lasciato in uso alla cooperativa, come da accordi, fino al novembre del 1983.

Il mese successivo, dicembre 1983, la storica fabbrica di Meriden, dopo oltre quarant'anni di attività, è demolita per costruire un nuovo quartiere residenziale.



1983 Meriden Triumph factory demolition
1983 - Lo stabilimento di Meriden viene demolito alla fine dell'anno


Sul terreno della vecchia fabbrica sorgono un nuovo quartiere residenziale. Le vie sono intitolate alle gloriose Triumph



Spostandosi verso il centro di Birmingham si trova un Pub dedicato
alla Triumph con foto in bianco e nero e altri vecchi ricordi.




1984 - 1985

Nel frattempo il presidente della vecchia cooperativa Triumph, John Rosamond, è in contatto con i possibili compratori del marchio Triumph ed i relativi diritti. Sono interessati: i f.lli Castiglioni della Cagiva, il sig. Teerlink di Harley Davison, due imprenditori non meglio conosciuti (Mr. Shah e  Mr. Hall) due consorzi indiani e l’imprenditore edile inglese John Stuard Bloor (JSB).

Nel pacchetto in vendita, oltre al marchio Triumph ed alla proprietà intellettuale, sono comprese anche tutte le attrezzature di produzione e degli uffici contenuti all’interno dello stabilimento. Solo i due consorzi indiani sono disposti a pagare l’intero prezzo richiesto (£550.000) ma, a causa di problematiche burocratiche con il governo indiano e la difficoltà di trasferire denaro dall’India all’Inghilterra, l’accordo non viene portato a termine.

Vista la difficoltà di raggiungere il prezzo minimo fissato dal liquidatore, si procede con dividere il pacchetto in vendita. La John Law Machinery acquisterà tutte le attrezzature degli uffici e parte delle attrezzature di produzione nel novembre del 1983.

Gli interessati a quello che rimane da vendere del patrimonio della cooperativa (marchio e proprietà intellettuale) sono John Bloor, la Racing Spare ed il secondo consorzio indiano rimasto in lista. Rispetto agli altri interessati, John Bloor ha una marcia in più: aveva infatti proposto un piano per il rilancio della nuova Triumph mantenendo la produzione nel West Midlands. Questo fu probabilmente uno dei motivi per cui fu accettata la sua proposta.


Il quarantenne John Bloor è uno degli uomini più ricchi d'Inghilterra. Ha costruito letteralmente la sua fortuna partendo da zero. E' un imprenditore immobiliare e nel fallimento della cooperativa di Meriden vede l'opportunità di diversificare le sue attività.

Bloor non ha esperienza nelle aziende di produzione e non guida più una motocicletta a causa di un problema all’anca. Ma allora perché buttarsi in un simile azzardo?

Ricorda Bloor  "In the early 1980s I was watching the Japanese set up automobile plants in the U.K. to take advantage of currency exchange rates, and I thought the playing field might be getting more even for manufacturing things again in Britain." 

Secondo Bloor in Inghilterra c’è la possibilità di produrre a costi ragionevoli e decide quindi di investire nel rilancio dell’industria motociclistica inglese. Confidava inoltre per il successo delle nuove Triumph anche nella forza del marchio tanto amato dal pubblico negli anni ’60-’70.




1990 - John Bloor

La nuova società di Bloor, la "Bonneville Coventry Limited" fondata nel 1984, acquista per circa £100.000 la proprietà intellettuale, il marchio, il controllo totale delle attività legate a Triumph motorcycles, i progetti in corso e parte delle attrezzature produttive. La società
con sede a Hinckley, 100% proprietà di Bloor, è catalogata nei documenti ufficiali dell'epoca come azienda costruttrice di motociclette, abbigliamento ed accessori.  Quasi subito l'azienda cambierà ragione sociale in Triumph Motorcycles (Coventry) Limited.

John Rosamond, ricordiamo il presidente della vecchia coopertiva Triumph, è assunto da Bloor come general manager della nuova Triumph Motorcycles (Coventry) Limited. Il suo primo compito è quello di reclutare gli altri ex-dipendenti di Meriden coinvolti nei progetti in fase di sviluppo al momento del fallimento. Queste sei persone saranno le prime di tante altre assunte nel corso degli anni da John Bloor per far rinascere la leggendaria Triumph.

Fra i vecchi dipendenti di Meriden assunti da Bloor ricordiamo: Gary McDonnell (nel 2009 ancora dipendente Triumph presso la sede Australiana), Bill Beatty e Brian Baldwin nel reparto R&D; Alistair Copland (1985) collaudatore, Martin Roberts che con Jones aveva lavorato oltre un anno al progetto "Diana", il disegnatore David Green e Gary Devine colui che realizzava i filetti in oro sul serbatoio.

Oggi sappiamo all'incirca come andarono le cose, ma all'epoca giravano soltanto voci che alcuni ex-dipendenti di Meriden si erano riuniti in un anonimo edificio di Coventry. Si trattava dell'edificio chiamato "Unit 14" di Colliery Lane a Exhall, un’area sita a 7 km in direzione nord da Coventry. Qualcuno aveva visto una non ben definita motocicletta spinta a mano da Copeland un ex-collaudatore di Meriden. Ci furono appostamenti ma nessuno riuscì a rubare indiscrezioni o fotografie. Segreto assoluto. Si diceva che questo gruppo di persone fosse stipendiato da "quel" John Bloor che aveva acquistato il marchio, ma nessuno smentiva o confermava la notizia.

Nei primi mesi del 1984 la nuova società, la Bonneville Convetry Limited, si prova al banco il "Diana" 900cc bialbero raffreddato ad acqua, l'ultimo progetto sviluppato a Meriden nel 1983, analizzandone i pregi ed i difetti.

L'idea di base del progetto è buona perchè con minime modifiche consente tre cilindrate diverse: 600, 750 e 900cc. Di contro il sistema di equilibratura MBD è ingombrante, non piace esteticamente ed i primi prototipi non sono molto affidabili. Al banco il 900cc non eroga la potenza prevista dal progettista Jones (misurati 65CV contro gli 82 previsti). La priorità per Bloor è l'affidabilità e la qualità, per cui si decide di abbandonare il progetto e di iniziare da un foglio bianco.

Il team di Bloor ovviamente si rivolge anche ad altre persone che precedentemente lavoravano nel gruppo BSA/Triumph. In un intervista a Don Brown (ex responsabile USA Triumph/BSA) si legge testualmente "Nel 1985 quando stavo facendo della consulenza per la nuova Triumph, Jhon Bloor mi chiese di pensare ad una nuova versione della Hurricane. Matt Guzzetta (ex designer BSA) eseguì qualche bozzetto, ma il progetto venne abbandonato".

La nuova società pianifica le politiche per tornare a giocare un ruolo di primo piano sul mercato mondiale. Nel 1985 Bloor, con i primissimi collaboratori, visita il Giappone per studiare l'industria motociclistica nipponica e prendere contatto con i fornitori di componentistica e attrezzature per la produzione.

Bloor & C. dopo aver visitato Kawasaki, Suzuki e Yamaha, si convincono ancora di più che i progetti ereditati dalla precedente cooperativa erano già obsoleti. Si rafforza quindi la decisione di ripartire da zero. Ma perché le case costruttrici giapponesi hanno in qualche modo aiutato un potenziale concorrente? Ricorda Bloor: "They were very open, but they weren't scared of us. They must have looked at us and thought 'If you can do it, good luck to you." (Erano molto aperti nei nostri confronti, ma non erano spaventati di noi. Devono averci guardato e pensato 'Se volete provarci… buona fortuna!”).

Il nuovo staff tecnico, dopo aver scartato il "Diana" di Meriden, inizia a disegnare i nuovi motori della rinascita in collaborazione con la Ricardo Consulting Engineers (la stessa società fondata da quel Harry Ricardo che sviluppò la Triumph "Riccy" a valvole in testa negli anni '20). La Ricardo, pur se non conosciuta dal grande pubblico, era al tempo (e forse anche oggi) la più grande azienda di progettazione di motori al mondo! Tra i suoi clienti figuravano negli anni '90 molte case automobilistiche (Ford, GM, Renault e Volvo) e dal settore motociclistico ci sono quasi tutte le case italiane, Honda, Kawasaki e Suzuki. Ricardo ha contribuito allo sviluppo del motore desmo della Ducati 916 come al bicilindrico Aprilia/Rotax della RSV 1000 Aprilia. La Ricardo è specializzata nella progettazione tramite software facndo così risparmiare ai motoristi denaro e tempo nella costruzione dei prototipi necessari allo sviluppo. Nel caso di Triumph Ricardo ha contribuito allo sviluppo delle parti superiori dei motori. Nel 1985 il team "Triumph" è composto da 12 persone.

In un intervista per Torque, Gary McDonnel uno dei primi dipendenti della nuova Triumph assunto nel 1985  ricorda: "Se qualcuno mi chiedeva cosa facessi, dovevo rispondere che avevo un ruolo tecnico in una società non meglio precisata. Mi hanno assunto nel reparto Ricerca e Sviluppo come installatore/collaudatore. Il team ristretto aveva già sviluppato in silenzio un motore quattro cilindri da 1200cc, usato successivamente sulla Trophy e sulla Daytona. Quanto sono arrivato (1985) stavano portando a termine il primo motore a tre cilindri (900cc) destinato ai modelli Trophy, Trident e Daytona. Ho avuto la fortuna di guidare la prima Trophy a tre cilindri, una sera. La moto era completamente camuffata, ma guidarla per la prima volta è stato un grande privilegio. Mi sono goduto ogni secondo del rilancio di Triumph, dalle fatiche dei collaudi sul pavè al gelo dei lunghi giri di prova in pieno inverno al tepore del sole di Jerez nella bella stagione. Eravamo in pochi ma ben determinati a riportare la Triumph ai fasti di un tempo."




Il disegnatore David Green ex-dipendente di Merden assunto da Bloor.
Fra i suoi lavori va ricordato il look dei trecilindri per la Tiger del 1994 e la Thunderbird del 1995



Nel frattempo per tenere vivo il marchio e garantire le parti di ricambio per il vecchio parco circolante, John Bloor decide di riprendere la produzione della Bonneville. La produzione è delegata, per un periodo di cinque anni, alla Racing Spares di Les Harris (che era intenzionato ad acquistare la Triumph ma arrivò tardi, dopo di Bloor) proprietario di un'azienda a Newton Abbot nel Davon e specializzato in parti di ricambio oltre che ex-fornitore Triumph. Alla Racing Spares lavorano già i due ex-dipendenti Triumph Brian Jones (ex responsabile tecnico) e John Birch.

Nel 1985 la produzione della Bonneville riprende al ritmo di circa quattordici moto a settimana. La Bonneville viene costruita con componentistica tedesca, freni e sospensioni italiani in assenza di fornitori inglesi. Per ovvi motivi i costi di produzione sono elevati, e il prezzo di listino non è competitivo con la concorrenza giapponese. Maggiori dettagli nella pagina Bonneville - Les Harris.



1984 - Motociclismo Bonneville Les Harries 1984 - Motociclismo Bonneville Les Harries
1984 - Articolo da Motociclismo di Dicembre 1984



1985 Motociclismo Triumph Bonneville Les Harries
1985 - Articolo da Motociclismo di Settembre 1985 a firma di Albero Pasi




Una delle ultime Bonneville prodotte da Lee Harris (1987)




1986


Il progetto dei nuovi motori Triumph prevede due unità base: un tricilindrico 750cc e un quattro cilindri 1200cc. In mancanza di uno stabilimento verò e proprio le prime attività di test e sviluppo vengono portate aventi in una piccola azienda alla periferia di Coventry (Collier Street), città dove era nata Triumph alla fine del 1800. Entro fine la fine del 1986 sono definiti i nuovi motori a tre e quattro cilindri da 750cc a 1200cc.

Tra i vari fornitori a cui si appoggia Triumph per la costruzione dei prototipi ricordiamo
John Wilcox famosa per la preparazione di motori da competizione.




1987


Il primo prototipo del motore da 1200cc quattrocilindri raffreddato ad acqua inizia a girare al banco.

Prima della fine dell'anno i prototipi dei motori (4 cilindri 1200cc e 3 cilindri 750cc) sono montati in alcune motociclette camuffate. Inizia la fase dei primi test su strada.





1988


La costruzione del nuovo stabilimento inizia nel 1988 a Hinckley a poche miglia dalla gloriosa vecchia fabbrica su un terreno di circa 10 acri. Sono ordinate in giappone le attrezzature per la produzione.

Les Harris termina la produzione della Bonneville nella primavera del '88 dopo circa 1400 esemplari. Per due anni non verranno prodotte motociclette con marchio Triumph. Ufficialmente i motivi che portano allo stop della produzione sono tre: necessità di un forte investimento per rifare gli stampi dei carter e cilindri oramai consumati, il non superamento delle severe norme americane in termine di inquinamento e il non rinnovo del contratto da parte di John Bloor proprietario del marchio Triumph. Nel articolo di Alberto Pasi sotto riportato di legge "Bloor vuole produrre una nuova moto a quattrocilindri e se non sarà con un motore inglese pensa di poter utilizzare dei propulsori Yamaha.". Ovviamente la stampa non era a conoscenza dei progetti segreti che Bloor ed i suoi uomini stavano portando avanti.


1988 Motociclismo Bonneville 1988 Motociclismo Bonneville
1988 Motociclismo Aprile: il canto del ciglno per la vecchia Bonneville 750cc



L'età media dei collaboratori della nuova Triumph è inferiore ai 30 anni. Dal 1984 al 1990 nessuna notizia sui nuovi progetti doveva uscire dall'azienda, pena il licenziamento.




1989


Nel 1989 arrivano le prime attrezzature dal lontano Giappone ordinate da Bloor, e si inizia la costruzione delle linee di montaggio. L'investimento iniziale (oltre 200 miliardi delle vecchie lire) viene fatto interamente da Bloor, senza l'aiuto o finanziamenti da parte di banche. Dal lato commerciale si inizia a organizzare la nuova rete di vendita.

In Italia Roberto Crepaldi, socio fondatore con Carlo Talamo e Max Brun della Numero Uno importatrice delle americane Harley Davidson, vuole avere un marchio europeo, non giapponese, di tradizioni più sportive, da offrire in antitesi, non in concorrenza ad Harley Davidson per coprire un'altra fascia di mercato: quello delle custom-sport.

Iniziano così i lunghi ed estenuanti viaggi in Inghilterra di Carlo e Crepaldi per chiedere il mandato alla casa Inglese.




1990

Nel 1990 la prima fase della ricostruzione è terminata, lo stabilimento è pronto per iniziare la produzione. Vista la mancanza di fornitori inglesi nel settore automotive, Triumph fu costretta a portarsi quasi tutti i processi produttivi in azienda, uno per tutti il processo di nitrurazione per l’indurimento degli alberi motore.



1990 factory triumph


1990 - Il primo stabilimento di Hinckley



Dal 1983, anno in cui Bloor acquista i diritti di Triumph, al giugno del 1990 non ci fu nessuna fuga di notizie o immagini dei prototipi. Tutti erano ovviamente al corrente
che la Triumph stesse preparando il rilancio con nuovi prodotti, ma non c'erano conferme da parte dell'azienda e di sicuro non ci furono foto rubate di prototipi o racconti di avvistamenti. Nessuna fuga di notizie in oltre cinque anni di sviluppo che potessero far immaginare un ritorno così in grande stile: dal 1983 in un clima di assoluta segretezza Mr. Bloor riesce a selezionare il personale, costruire ed attrezzare lo stabilimento e sviluppare da zero una nuova gamma di motociclette.





29 giugno 1990 - La stampa è inviatata ad Hinckley


Il 29 Giugno del 1990 Roland Brown, assieme ad altri giornalisti del settore, viene invitato da Triumph Motorcycles a visitare il nuovo complesso industriale nel Leicestershire. Lo stabilimento è stipato di impianti produttivi tedeschi e giapponesi all'avanguardia per i tempi. Fu anticipata ai giornalisti presenti, la gamma di sei superbike multicilindriche destinate ad essere presentate al salone di Colonia da lì a pochi mesi.

Le potenze dei motori erano simili a quelle successivamente confermate in produzione, tranne per la Trident 750 per la quale cui si dichiarava una potenza variabile da 50 a 90 CV in funzione del modello/mercato.

In quell'occasione furono fotografati i primi prototipi della Trident e Trophy, quest'ultima rossa da un lato e bianca dall'altro per mostrare le opzioni cromatiche disponibili.



1990 Prototipo Ciclistica Triumph
1990 - prototipo ciclistica Triumph (versione Daytona - posizionamento pinza freni posteriore verso il basso)





1990 Triumph Trident (Roadster)

1990 prototipo Triumph Trident 750
1990 - prototipo Trident/Roadster mostrato ai giornalisti il 29 giugno 1990 (prime foto ufficiali)






1990 Prototipo Triumph Trophy 900
1990 - prototipo Trident mostrato ai giornalisti il 29 giugno 1990 (prime foto ufficiali delle nuove moto)



I prototipi fotografati sono privi del nome del modello e la componentistica e le livree non sono definitive. In occasione di tale incontro vengono anticipati i probabili nomi dei modelli che però non verranno successivamente confermati: la scarenata (futura Trident) avrebbe dovuto chiamarsi "Roadster" mentre la carenata (futura Trophy) avrebbe dovuto essere battezzata "Sportler". Nelle previsioni dell'azienda la motocicletta che avrebbe dovuto vendere in maggiori numeri era la futura Trident 750.

Alcune differenze visibili dei prototipi rispetto alla futura produzione di serie sono i cilindri senza le nervature esterne, il fanale posteriore, ed il manubrio nella Trident. Come si può notare dalle foto qui sotto riportate, il basamento del motore non è ancora definitivo (mancano le nervature esterne laterali sul blocco cilindri).




motore tre cilindri 900 (1990)

motore 4 cilindri 1200 (1990)


motore tre cilindri 900 (1990)


carburatori Mikuni (1990)

basamento di un quattro
cilindri sulla linea prima
dell'ispezione

4 cilindri - controllo

robot saldaturae approvazione

1990 factory triumph
1990 - Preserie motori in test



L'azienda inglese dopo la presentazione in fabbrica ad Hinckley invia alla stampa mondiale una cartella stampa con le informazioni e foto dei prototipi nelle livree definitive per il prossimo salone tedesco. Anche i nomi sono stati decisi e sono impressi sulle moto. In Italia le prime notizie sulla nuova Triumph si leggono sul fascicolo di Luglio di Motociclismo, mentre sul numero di Ottobre della stessa rivista vengono pubblicate le foto dei primi prototipi mostrati ai giornalisti.


1990 - Luglio - Trident 750 prototipo per presentazione alla stampa
1990 - Luglio - Trident 750 prototipo per presentazione alla stampa

1990 - Luglio - Trident 900 prototipo per presentazione alla stampa
1990 - Luglio - Trident 900 prototipo per presentazione alla stampa




1990 Triumph Prototipes 1990 Triumph Prototipes 1990 Triumph Prototipes
Motociclismo Luglio 1990 Motociclismo ottobre 1990

 


Esemplari quasi definitivi sono messi a dura prova nel 1990 per testarne l’affidabilità. Fra i test di durata più significativi vanno ricordate le due settimane di prove intensive sul circuito di Bruntingthorpe, che conta anche un rettilineo di tre chilometri di lunghezza. I quattro piloti collaudatori non riscontrarono rotture o anomalie meccaniche e si dichiararono molto soddisfatti sulle doti telaistiche dei mezzi. Nell'occasione i collaudatori eseguirono prove comparative con moto della concorrenza, in particolare con una Suzuki GSXR 1100.





1990 - Gary McDonnell tecnico e collaudatore Triumph in sella al prototipo Trophy durante
i test di resistenza nel circuito di Bruntingthrope






19 settembre 1990 - Salone di Colonia ritorno della Triumph





Il 19 settembre del 1990, al salone motociclistico di Colonia è presentata al grande pubblico la nuova gamma Triumph mossa da moderni motori a tre e quattro cilindri: le nude Trident 750 e 900, le gran turismo Trophy 900 e 1200 e le sportive Daytona in versione 750 e 1000cc. John Bloor invita per l'occasione al salone tutti gli uomini che dal 1984 hanno collaborato alla rinascita Triumph (una cinquantina di persone). Le motociclette esposte sono assemblate completamente a mano in quanto la linea di produzione non era ancora pronta e furono completate la domenica prima del salone.



1990 Triumph Salone di Colonia
1990 - Lo stand Triumph al Salone di Colonia



1990 Salone Colonia IFMA Triumph Daytona 750
1990 - Daytona 750 Sport al Salone IFMA di Colonia.



1990 Salone Colonia IFMA Triumph Trophy 900
1990 - Trophy 900 al Salone IFMA di Colonia.



Le nuove motociclette sono costruite con molti componenti provenienti dal Giappone visto che non esistono fornitori inglesi adeguati. Il restante 70% della motocicletta è però è tutto "made in UK" a partire dal telaio. Le nuove motociclette hanno molto in comune fra di loro, ad Hinckley infatti, hanno optato per un progetto modulare che permetta di avere una ampia gamma di modelli ed allo stesso tempo una riduzione dei costi di progettazione ed una razionalizzazione della produzione. L'idea di modularità si rifaceva alle interessanti macchine modulari proposte dal capo della progettazione della vecchia BSA-Triumph Bert Hopwood nel lontano 1973.

Il motore di tipo modulare a tre o quattro cilindri è un'unità moderna ed i linea con i tempi (considerando anche le ultime Triumph prodotte negli anni '70…): testata, cilindri (inclinati di 15°) e monoblocco sono in lega leggera, la distribuzione è a bialbero in testa con quattro valvole per cilindro (diametro 32mm in aspirazione e 28mm in scarico), la relativa catena di comando si trova sul lato sinistro ed è presente un contralbero di equilibratura. Il raffreddamento è a liquido mentre all'alimentazione ci pensano tre (o quattro) carburatori a valvola piatta Mikuni a depressione da 36 mm. Il cambio è a sei rapporti per tutte le versioni. I vari modelli montano i medesimi accessori (frizione a comando idraulico, cambio, carburatori, valvole, pistoni, ruote…), ed hanno lo stesso alesaggio ma corsa variabile. Le varie cilindrate sono ottenute infatti variando il numero dei cilindri e la corsa del pistone modificando l'albero motore: l'alesaggio è 76mm (casualmente lo stesso della Bonneville 750cc), la corsa è 55 ("corsa corta") o 65mm ("corsa lunga") ed il numero di cilindri varia da tre a quattro. In questo modo è possibile costruire quattro motori: un 750cc trecilindri corsa corta, un 900cc trecilindri corsa lunga, un 1000cc quattro cilindri corsa corta ed un 1200cc quattro cilindri corsa lunga. Le versione "corsa corta" e la Daytona 1000 hanno la compressione più elevata (11 contro 10,6) ed il diagramma di distribuzione più spinto. Potenze e coppie dichiarate sono:

- 90CV a 10.500 giri e 6,79 kgm a 8.500 giri, con regime max di 11.000 giri per la Trident e Daytona 750

- 100CV a 9.000 giri e 8,15 kgm a 6.500 giri, con regime max di 9.500 giri per la Trident e Trophy 900
-
141CV a 9.000 giri e 11,41 kgm a 8.000 giri, con regime max di 9.500 giri per la Trophy 1200
-
121CV a 10.500 giri e 9,0 kgm a 8.500 giri, con regime massimo di 11.500 giri per la Trident 900

La ciclistica è incentrata su un insolito telaio monotrave a culla aperta (passo 1490mm, angolo si sterzo 27° e avancorsa di 105mm) realizzato in acciaio speciale micro-alleggerito (600MP) mentre le sospensioni sono della giapponese Kayaba con al posteriore un sistema progressivo "Tri-Link" (tripla articolazione). Il forcellone in alluminio estruso è dotato di eccentrico per la regolazione del tiro della catena. Telaio, serbatoio, ruote, carrozzeria sono comuni per tutti i modelli. Sono però disponibili due cruscotti (uno per le Daytona ed uno per le Trophy e Trident), una forcella tradizionale da 43mm (regolabile per le Daytona ed una più semplice per le Trophy e Trident) e due impianti frenanti (dischi flottanti da 310mm per le Daytona e dischi fissi da 296mm per Trophy e Trident). I blocchetti elettrici sono di derivazione kawasaki, così come altri piccoli particolari.

Alcuni componenti sono giapponesi (basamenti, cilindri, pistoni, strumentazione, leve, forcellone,...) mentre altri sono inglesi come parte della corrozzeria (by Polyeurea), serbatoio carburante, impianto di scarico (Motoad). Provengono dal giappone anche l'impianto frenante
Nissin, le sospensioni Kayaba, i carburatori Mikuni, la strumentazione Nippon Seiki e le ruote in lega Shin Nippon (società nata nel 1970 come fornitore di ruote per Kawasaki).


Il telaio risulta simile a quello della Kawasaki GPZ900R del 1984 (eletta superbike del '84), anno in cui probabilmente i tecnici della nuova Triumph hanno iniziato a lavorare sul progetto. Alcuni sostengono che le nuove Triumph, ed in particolare il motore, sia una copia della GPZ citata precedentemente. E' fuori dubbio che,  quando il team inizia a gettare le basi per le nuove moto, analizzi quella che era la miglior motocicletta del 1984. Ma è altrettanto vero che nello sviluppo dei modelli la strada intrapresa dai tecnici inglesi si discosta dalla superbike giapponese come ad esempio il posizionamento della catena di distribuzione a destra del motore (e non nel centro) e la costruzione del blocco cilindri.



1990 Salone Colonia IFMA Triumph Trophy 1990 Salone Colonia IFMA Triumph Trident 1990 Salone Colonia IFMA Triumph Daytona
1990 - Tre pagine di Motosprint del 1990 - Triumph IFMA Colonia



Le nuove moto convincono per la cura degli assemblaggi, la qualità costruttiva generale (niente a che vedere con le vecchie moto inglesi…), il motore (sia dal punto di vista dell'erogazione/prestazioni che estetico) e dall'affidabilità. Il prezzo è in linea con la concorrenza giapponese.
La produzione Triumph punta alla qualità del prodotto, utilizzando processi produttivi più costosi ma affidabili. Un esempio è la lunghezza del test di corrosione che per Triumph deve superare le 300 ore mentre per la concorrenza ne sono sufficienti 250 (anche per resistere meglio alla strade inglesi trattate con sale). L'unico appunto che viene mosso è, Trident a parte, la mancanza di personalità che identificava le motociclette inglesi di un tempo.


Riporto qui di seguito un'intervista pubblicata sulla rivista ufficiale Triumph:


Stuart Wood, ingegnere che ha partecipato anche al progetto Daytona 675, entrò in Triumph nel 1987 e lavorò sia ai motori che ai telai delle prime moto di Hinckley. Di quei tempi ricorda “Il punto è che non stavamo riprendendo dal punto in cui si era fermata la vecchia Triumph”, spiega Stuart. “Sin dall’inizio gli standard furono molto alti, e ciò riguardava anche le persone che assumevamo per progettare e sviluppare le moto. Non avevano necessariamente maturato esperienza in campo motociclistico ma erano ingegneri altamente qualificati, pratici e intuitivi. Dovevamo poter offrire da subito una gamma di moto; da qui nacque l’esigenza della piattaforma modulare, benché sia impressionante come le moto in realtà fossero diverse”, prosegue Stuart. “C’erano tre tipi di telaio e quattro motori: tre cilindri da 750 e 900 e quattro da 1000 e 1200, tutti con alesaggio da 76 mm. Eppure la Trident 900, ad esempio, dava un’impressione del tutto diversa dalla Trophy 1200.”

I motori erano ancora in fase di prototipo quando Stuart entrò in azienda, quattro anni buoni prima che le prime moto fossero consegnate ai clienti. Dovevano essere a prova di bomba e, senza il lusso di decenni di esperienza né gli avanzati software di simulazione che esistono oggi, fu esattamente ciò che si rivelarono: estremamente solidi, “lisci” (per forza di cose, dato che Hinckley, sin dal primo giorno, li usa come elementi stressati del telaio) e potenti.

“Un presupposto fondamentale era che le moto fossero affidabili”, spiega Stuart. “La percezione comune era che le vecchie Triumph perdessero olio, benché gran parte di quelle voci fossero semplici dicerie, e dovevamo affrontare la cosa. La questione fu subito affrontata e nella fase iniziale ci assicurammo di aver compreso a fondo tutti i fattori che  determinavano se un motore fosse o meno a tenuta: i giunti stessi, le guarnizioni, gli spazi tra i bulloni, la rigidità delle flange, tutto. Si pensa sempre al peggio quando si sta avviando qualcosa di completamente nuovo e sono sicuro che alcuni nostri componenti fossero leggermente più pesanti rispetto alla concorrenza, ma dovevamo essere certi di tutto. Da allora abbiamo maturato molta esperienza, che ci ha permesso di levigare i componenti per ridurre il peso mantenendo sempre la stessa, totale affidabilità.”

Il duro lavoro paga sempre. Quando furono annunciati, motori come il quattro cilindri da 1200cc della Trophy e il tre cilindri da 900cc della Trident furono elogiati non soltanto per la loro potenza e affidabilità, ma anche per il loro carattere unico.

E duravano a lungo “I telai erano trattati con un’immersione elettroforetica e verniciati a polvere”, spiega Stuart. “Uno o l’altro trattamento avrebbe raggiunto lo scopo. Non potevamo correre rischi. E poiché siamo un’azienda britannica, le prove su strada si svolgevano anche durante gli inverni inglesi. Siamo uno dei Paesi peggiori al mondo per quanto riguarda il sale stradale e le nostre moto erano e sono tuttora sottoposte a test approfonditi su strada nel bel mezzo dell’inverno britannico oltre a ulteriori verifiche in camere a nebbia salina, che possiamo ripetere con precisione. Volevamo costruire moto eccezionali che i nostri clienti potessero usare tutto l’anno.”


Un sondaggio fu realizzato in occasione del salone di Colonia 1990 per capire il gradimento dei modelli: il 45% degli intervistati scelsero la Trident , il 35% le Trophy ed il rimanente 20% le Daytona.

Poco tempo dopo le Triumph vengono presentate al salone di Birmingham dove i motociclisti inglesi furono entusiasti di rivedere il glorioso marchio. Gary McDonnell ricorda: "Gli appassionati inglesi stavano per vedere le nuove Triumph. Già prima che aprissero le porte la gente ad inziato a gridare Triumph... Triumph... Triumph! Le persone correvano da noi, saltavano sulle moto, esultavano. Abbiamo potuto toccare con mano quanto significasse il ritorno di questo marchio."

Con la fine del 1990 furono poste le basi per le rete vendita in UK, Germania e Francia.



1991 Triumph Trophy 1200
Trophy 1200 preserie (1990)



1990 Triumph Trophy 1200 1991 Triumph Trophy 1200
1990 - 1200 cc PRESERIE 1993 - 1200 cc PRODUZIONE



Immagini tratte dal catalogo Triumph 1990, il primo catalogo della nuova Triumph (per alcuni modelli le levree di produzione saranno diverse) :

1990 Triumph Trident 750 preserie
1990 Triumph Trident 750 (preserie)

1990 Triumph Trident 900 preserie
1990 Triumph Trident 900 (preserie)

1990 Triumph Daytona 750 preserie
1990 Triumph Daytona 750 (preserie)

1990 Triumph Daytona 1000 preserie
1990 Triumph Daytona 1000 (preserie)

1990 Triumph Trophy 900 preserie
1990 Triumph Trophy 900 (preserie)

1990 Triumph Trophy 1200 preserie
1990 Triumph Trophy 1200 (preserie)












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