Chi è Marco Marchisio?
Marco ha lavorato in Numero Uno dal febbraio del 1991 all'ottobre del
2000 ed è stato uno strettissimo collaboratore di Carlo: "Dieci
anni con Carlo sono stati 10 anni di "lotta continua", perché il mio
lavoro era quello di tentare di realizzare quello che lui pensava,
cambiando idea un giorno sì e l'altro pure."
In questa pagina Marco ci racconta qualche anneddoto relativo all'abbigliamento Numero Uno voluto da Carlo Talamo.
Cosi come per certe cose Carlo aveva
buon naso e brillanti intuizioni, bisogna anche sapere che a volte,
come tutti, toppava di brutto. Una di queste poco brillanti idee fu
quella di voler realizzare dei “
pantaloni tecnici” per motociclisti.
Carlo indossa i "pantaloni tecnici"
Non so come gli venne l'idea, o chi gliela avesse suggerita, ma ad un certo punto del 1991
cominciò
a trafficare con Livia (la nostra grafica) su alcuni schizzi di
pantaloni per andare in moto, robusti, utili per ripararsi dal freddo
(che in moto non manca mai), con tante tasche per aver tutto a portata
di mano, e, naturalmente, eleganti.
Quando si arrivò al lay-out definitivo, esaminato il prototipo corretto
e ricorretto con la pignoleria tipica del mai soddisfatto Carlo, (che
però non indossò mai questo prototipo, né lo fece testare ad alcuno)
alla fine mi fece preparare l'ordine per un fornitore di cui non
ricordo il nome, che doveva essere parte e complice del progetto. A
posteriori dico – con troppo ottimismo - ne furono commissionati
qualche centinaio nelle tre taglie L, XL e XXL in tre colori:
naturalmente nero, blu e verde; dopo qualche tempo arrivarono e
furono esposti nel negozio di abbigliamento.
Vediamo intanto come erano stati concepiti: la stoffa, ben robusta,
ricordava il tessuto “diagonale” delle divise militari, e la foggia
ricalcava quella dei pantaloni da lavoro, con due tasche laterali, due
tasche posteriori aperte e due tasconi cuciti esternamente a mezza
gamba, con una patella di pelle colorata che li richiudeva con un
bottone a pressione centrale. Sulla tasca posteriore destra era
ricamato il logo “Numero Uno” nel classico ovale.
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Tasca
posteriore destra con logo NUMERO UNO, l'imbottitura trapuntata con
stoffa di nylon rossa e marchio NUMERO UNO, i due bandellini in vera
pelle posti all'estremità di ogni pantalone per stringerlo e la
tasca laterale, posta a mezza gamba, la cui patella di vera pelle non
appena indossati i pantaloni si ripiegava a mo' di tetto di pagoda, e
non c'era più verso di rimetterla a posto.
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Internamente erano imbottiti con una trapuntina leggera in nylon rosso,
e questo era forse il primo elemento che metteva un po' a disagio
chi li indossava, perché si aveva l'impressione di avere addosso un
pannolone. Questa sensazione era accentuata dal fatto che il taglio
ricalcava quello di un pantalone jeans, e quindi erano piuttosto bassi
in vita e stretti di cavallo. Ma questa sensazione, non sgradevole, ma
neppure piacevole di “fasciatura” dipendeva evidentemente molto anche
dalla forma di chi li indossava: un tipo magro e longilineo, forse
manco si accorgeva; se invece era un po' più in carne....
I passanti per la cintura erano alternativamente di stoffa e di pelle,
impreziositi con un rivetto ribattuto, come sugli attacchi delle
tasche. Posteriormente, sotto i passanti in pelle erano collocate due
fibbie che allacciate ad una fettuccia cucita sotto i passanti in
stoffa avrebbero dovuto modellate meglio la vita, rendendo anche
superfluo l'uso di una cintura.
Altro difetto, quando qualcuno cominciò ad indossare questi nuovi
pantaloni, si evidenziò nei tasconi laterali: belli e capienti quando
uno stava in piedi, ma quando si sedeva (e specialmente si sedeva in
sella ad una moto), visto che erano chiusi solo con un bottone
centrale, scivolava fuori ciò che vi era contenuto, e questo non era
per nulla bello andando per strada.
La scelta di chiudere la patta con quattro rivetti di ottone, come
andava di moda allora nei jeans, anziché con una bella cerniera lampo,
era esteticamente molto piacevole, ma non comodissima da aprire, vuoi
con le dita un po' rattrappite ed irrigidite dal freddo, specialmente
quando urgeva la funzione fisiologica (e chi va in moto, ne sa
qualcosa).
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I rivetti della patta in ottone, taschino porta coltellino (svizzero)
sotto il quale si vede uno dei due laccetti in pelle per stringere la
gamba del pantalone e le tasche con il logo Numero Uno
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Su fondo della gamba sinistra, un vero tocco di classe: il taschino per
il coltellino, noto accessorio indispensabile ai motociclisti per
verificare la distanza degli elettrodi delle candele, o per tassellare
il battistrada degli pneumatici in caso di neve.
Ma, ancor più eleganti (ed utilissimi) i quattro laccetti (due per
gamba) per stringere il pantalone sullo stivale: belli, ma che, una
volta smollati sfarfallavano allegramente al vento tambureggiando sulla
gamba del motociclista.
Quando furono esposti, questi pantaloni, che avrebbero dovuto,
secondo le intenzioni di Carlo, andare a ruba, dopo i primi due o tre
capi, presi a viva forza dai suoi amici più affezionati, rimasero
tristemente fermi negli scaffali del negozio. Anche Carlo, che come
faceva abitualmente, indossava tutte le novità del negozio di
abbigliamento, e specialmente le “sue” creature, per pubblicizzarle, si
accorse che qualcosa non andava, e smise di metterseli, accusando il
fornitore di aver cannato il “suo” progetto sbagliando le misure.
Anzi, mi disse di contestare la fornitura e di non pagare le fatture.
Cosa non possibile, perché il fornitore, amico di Carlo, si era fatto
riconoscere un pagamento a 30 giorni, e Giovanni, puntuale e preciso
come sempre, aveva provveduto a saldare il dovuto. La contestazione poi
si arenò, perché le misure corrispondevano esattamente al progetto ed
al campione presentato ed approvato. Quindi... toccava a noi risolvere
il problema.
Visto che le vendite stentavano, suggerii a Carlo di regalare (il verbo
“regalare” lo metteva immediatamente di malumore) qualche paio di
pantaloni ai nostri ragazzi della Numero Uno Milano, con l'obbligo di
indossarli (e di magnificarne le caratteristiche). Chissà che a furia
di vederli andare avanti ed indietro per le officine ed i negozi di via
Niccolini e via Fioravanti , qualche cliente non si sentisse in dovere
di comprarli per emularli e sentirsi ancor più parte della famiglia.
Carlo nicchiò un po', poi, avvertito anche da Marzia che i pantaloni
tecnici, proprio non andavano, ne fece dono a Marzia, a Lamberto e a
qualche altro ragazzo dell'officina e del negozio di P&A,
raccomandando loro di spiegarne alla clientela le mirabilia.
Belli erano belli (da vedere), fatti erano ben fatti, ma quanto alla
funzionalità, tutti esprimevano i loro dubbi, perché, una volta
indossati, sembrava di essere cresciuti di una taglia, e si aveva la
vaga impressione di essere un po' l'omino Michelin. Marzia e Lamberto
si sacrificarono e fecero da “pantalon leader” convincendo all'acquisto
diversi clienti; l'importante a quel punto, per noi, era che li
acquistassero, poi che li indossassero o meno per andare in moto, non
era più un nostro problema.
Avvicinandosi poi la data del Palle Quadre, con la storia che erano
“pantaloni imbottiti” Marzia riuscì a spacciarne diversi a temerari che
poi li indossarono veramente, rischiando il congelamento alle gambe,
quando affrontarono passi innevati nella tappa notturna di
avvicinamento alla meta del giro a sorpresa che Carlo aveva organizzato
per loro...
A parte le loro non felicissime caratteristiche che ho ampiamente e un
po' sadicamente illustrato, questi pantaloni non erano neppure in
vendita a buon mercato, e quindi, esaurita la fiammata del Palle
Quadre, verificammo che ce ne rimanevano sul gobbo ancora una buona
quantità, che, inventario dopo inventario facevano bella mostra sui
nostri tabulati nella colonna “giacenze”.
Per azzerare questa voce, dovetti come al solito lottare con Carlo per
convincerlo a lasciarmi fare “promozioni” (parola che gli provocava
l'orticaria) tipo - sconto speciale – prendi 2 e paghi 1 –
omaggio in abbinamento a.... - obbligo di acquisto da parte delle
concessionarie Numero Uno ecc. fino a che, con le buone o con le
cattive riuscimmo a far scomparire dal magazzino la pila di questi
pantaloni da incubo, senza mai aver avuto la soddisfazione di vedere
qualcuno (uno, dico uno!) che li indossasse, né a piedi, né
(soprattutto) in moto.
Quando le scorte erano quasi trascurabili, a prezzo di
ultraliquidazione, ne acquistai anch'io due paia, uno blu ed uno verde,
che indossavo in autunno ed in primavera sul tragitto casa ufficio –
ufficio casa, avendo cura di togliermeli e sostituirli con un paio di
pantaloni normali appena attivato ad Arese.
Una volta andato in pensione, ho scoperto che questi pantaloni
tecnici sono utilissimi per i lavori nel bosco, specialmente se devo
operare in presenza di sterpi puntuti e rovi. Essendo particolarmente
robusti, resistono alle spine e non si strappano.
E poi, volete mettere la soddisfazione di entrare in un cespuglio di rovi con veri risvolti in pelle?