Ciao Sandro, sono stato
amico di Carlo, amico vero senza interesse alcuno. Eravamo uniti da una
grande passione: le motociclette e le corse ed in particolare il
motocross. Dall'inizio del 1973 al 1977/78 abbiamo condiviso molto di
noi stessi, poi il mio cambio di categoria nelle corse (e quello che
era solo un gioco divenne la porta d’entrata nel mondo dei
professionisti) e la partenza di Carlo verso Milano ci divise.
Conobbi Carlo agli inizi del 1973 quando aveva 21 anni (lui del ’52 ed
io del ’54). Frequentavamo gli stessi posti a Roma, in particolare
Piazza Euclide, pur avendo amici diversi. Due anni di differenza
sembrano pochi ma al tempo dividevano molto più di quello che poteva
sembrare. Ci siamo frequentati fino alla fine del 1977, l’anno prima
che si trasferisse a Milano.
Siamo stati amici, intensamente amici in un lasso di tempo breve, ma
una amicizia non si misura con il tempo, bensì credo con la autentica
genuinità e lo scambio interpersonale che vi è stato fra di noi.
Eravamo ambedue ragazzetti in casa dei genitori. Ricordo che non
andammo mai a cena scambievolmente nelle nostre abitazioni, non perchè
non ci andasse, solo ed unicamente per non dover chiedere ai genitori
il permesso per fare anche una cosa del genere. Bisognava chiedere ed
attendere un responso positivo. Anche queste cose dividono un giovane
ragazzo da un uomo…
All'inizio della nostra amicizia stava con una ragazza sua coetanea (o
più grande non ricordo bene) di nome Paola che aveva un vespino
azzurro\violetto a faro tondo, non lo special bianco delle parioline
fighe. Ci rimase insieme parecchio, credo fino alla fuga da Roma. Prima
di ciò lo si incontrava sempre con lei, magari il sabato notte davanti
il bar Euclide a bordo della Mini. Paola non era bellissima ma
era dedita a lui in toto, sempre accanto dovunque.
Carletto era così diverso dagli standard che era fighissimo e stava
bene dovunque ci intrufolassimo. Se entravamo in una festa di
sconosciuti in pochissimo tempo avevamo da noi persone nuove che
facevano amicizia volentieri, eravamo una coppia di amici da
combattimento.... Una volta sempre con il Mini ci fermammo sotto
l'indicazione Talamone (un paese di mare in provincia di Grosseto) e
con una macchinetta di una ragazza che l’aveva scordata in auto
il giorno prima, gli scattai un paio di foto che poi sono rimaste a
Carlo. Le ho riviste poco dopo e poi mai più. Chissà dove stanno Talamo
e Talamone! Purtroppo non ho altre foto: eravamo giovani, scapestrati e
pensavamo di poter ripetere tutto quando volevamo. Eravamo i padroni
della vita e del tempo stesso. Dicevamo “le foto le facciamo domani”,
domani era sempre domani e non le abbiamo fatte mai, peccato.
La cosa che ci univa come nessun altro era il motocross e le gare della
specialità alle quali avevamo iniziato a partecipare da poco. Andavamo
ad allenarci a Passo Corese sul famoso crossdromo internazionale in
provincia di RI. Abbiamo cominciato a correre in modo saltuario nel
1973, per diventare “piloti impegnati” dall'anno successivo in poi.
Ai primi tempi il buon Carlo aveva il suo “Mini Travel” rosso dove
caricare la moto. Si trattava di una vecchia Mini datata alla quale
Carlo aveva apportato un bel po’ di modifiche: l’interno era
personalizzato con finiture in radica di noce come il cruscotto, il
volante ed il cambio. Aperto il cofano era visibile trapianto del
motore originale con un Cooper S 1300 che garantiva delle ottime
velocità medie in autostrada. Anche il carrello era fatto in casa
facendosi saldare la base presa da un vecchio Ape Piaggio ad un
altrettanto vecchio gancio traino prelevato da una berlina. Il tutto
ovviamente senza documenti… eravamo nei favolosi anni ’70.
Carlo ha sempre corso con il #94 quel numero che era lo stesso con cui
iniziava la targa del suo Mini Travel Cooperizzato (Roma 94xxxx). Carlo
aveva fatto suo quel numero e fu uno dei primi piloti all'inizio degli
anni 70 ad avere un numero suo che lo rendesse riconoscibile.
1974 - PASSO CORESE campionato cadetti 250 cc - In sella alla HUSQVARNA 250 con il n#94
Grazie a Riccardo Zafred per la foto - Foto di Marcello Giovannetti
1975 - Carlo Talamo n#94 KTM 250 cc sul circuito di Cesi, paesino vicino Terni
Grazie a Riccardo Zafred per la foto - Foto di Marcello Giovannetti
1973 - Con il numero #94 Carlo Talamo in sella alla sua Husqvara. A dx Luigi Luzzi in sella a Montesa
(grazie a Luifi Luzzi per la foto e Riccardo Zafred per la segnalazione)
La foto sopra, scattata a fine 1973 a Passo Corese, ritrae Carlo Talamo
e Luigi Luzzi alla prima curva dopo la partenza. La sua Husqvarna monta
il manubrio del GUZZI V7 special. Era la nostra fissa lo mettevamo dopo
aver visto le motocross artigianali di Romeo Fabrizio che ne montavano
uno forse addirittura identico: si guidava meglio perchè era più basso
ed in casi estremi non aveva il traversino potenzialmente pericoloso.
Con questo legame superiore, le moto ed in particolare il motocross,
molte volte dividemmo avventure belle e meno belle: ci “solarono” in
autostrada a Napoli e andammo altre volte insieme in auto a vedere le
prove del mondiale di motocross in Italia. Ricordo la prova di
Esanatoglia nelle Marche nel 1974, una platea di pubblico enorme, un
parcheggio autovetture a perdita d'occhio e polvere… una polvere
infinita che sovrastava il luogo dovunque, anche a motori spenti fra
una manche e l'altra. Vinse un duro uomo del nord Europa HEIKKY MYKKOLA
su Husqvarna 380cc, ci impressionò a tal punto che tutto il viaggio di
ritorno parlammo di quest'uomo scolpito nella roccia, un duro e capimmo
che difficilmente saremmo riusciti a divenire come lui, uomini ma quasi
bestie, dove la moto non era il primo interesse come per noi, ma
soltanto un mezzo per guadagnare senza soffrire la durissima vita che
lo aveva forgiato. Noi a confronto eravamo due sfigatelli che Mikkola
si poteva mangiare in un sol boccone. Però decidemmo insieme che
potevamo aprire una nuova strada nel motocross, maggiormente legata
all'allenamento ed alla capacità cerebrale dell'andare forte in moto,
tipo come nella velocità, anche se sempre motocross.
Nel 1973-1974 la benzina costava cifre accettabili, ma per un ragazzo
che non lavorava l'avere il serbatoio pieno o il dover fare un
viaggio era un problema. Ricordo che all’epoca andavamo alle gare
dividendo in due le spese di benzina (auto + moto), del albergo ed del
ristorante: partivo da casa con 20.000 lire e tornavo dopo tre giorno a
casa dai miei con un resto di 1000-1500 lire! Altri tempi!
Per ridurre le spese di viaggio Carlo inventò il “benzastop”. Per prima
cosa bisognava acquistare una tanica in plastica semitrasparente bianca
della capacità di almeno 50 litri. Poi ci si accostava a bordo strada e
si cercava di fermare le vetture di passaggio di buona cilindrata e
marca. A questi, dopo che si erano fermati, gli si spiegava che avevamo
finito la benzina e che ce ne serviva un po’ per arrivare da un
benzinaio. Alla domanda che tutti facevano “Come fai a prenderla?”gli
facevamo vedere il tanicone ed il tubo dicendo una verità: correvamo in
moto e per fortuna nel bagagliaio era rimasto l’occorrente per fare la
miscela da corsa. Poi si succhiava, però tenendo sempre inclinata su di
un lato la supertanica in modo che il succhiato sembrasse meno di
quanto non fosse in realtà. Dopo due tre gentili soccorritori avevi il
pieno. Se volevi potevi insistere a rischio però che uno dei
donatori ripassasse da quelle parti. Carlo non fu mai beccato da un
“donatore precedente”… la fortuna occorre da sempre nella vita!
Io feci una sola volta il “benzastop” più per gioco che per bisogno
vero… comunque arrivai a Cortina d’Ampezzo da Roma con due amici, il
carrello portamoto e due Simoni 125 cross con cui io ed un altro
amico in comune con Carlo, Luca Giacchetti nipote del famoso
attore Fosco Giachetti, ci divertimmo sul campo da motocross permanente
che il comune aveva costruito uscendo di città sulla salita del Tre
Croci. Qui Carlo non venne mai: preferiva il mare di gran lunga a
differenza nostra che stavamo da re al fresco in montagna.
Carletto era particolare: ogni oggetto usato che acquistava in breve
tempo piaceva agli altri. Non stiamo parlando solo di auto, moto o
giacche, ma anche di oggetti di poco valore magari inglesi o americani
al massimo. Lì infatti gravitavano le sue scelte. Ricordo l’estate del
’75 quando ci vedemmo da una nostra comune amica a S.Marinella: lui
girava con una vecchia e bellissima Corvette Sting Ray azzurra
metallizzata con gli scarichi credo liberi. La tenne per tutta
l'estate, poi la rivendette guadagnandoci sopra. Ricordo anche con una
sua Triumph Bonneville che fece quasi moda... le sue scarpette ginniche
bianche senza calzini sempre. Insomma aveva un modo di usare, esporre e
parlare di questi suoi oggetti che le masse ne rimanevano attratte,
piacevano i suoi gusti a tutti. Come poi ho imparato anch'io (che
quando mi piace un bene, piacerà ed avrà successo) i precursori sono
sempre esistiti, ma il mio amico a differenza mia è riuscito a farne un
lavoro che pochi veramente pochi riescono a fare avendo nel dna questo
bene immenso.
E' incredibile come una persona possa essere diversa dalla media in
alcuni particolari, anche nelle piccole cose che quando però le stai
vivendo non riesci a percepire. Con il mio amico Carlo è successo molte
volte, ma chiaramente quando succedevano “nel presente” non riuscivi a
capire “l’importanza” del gesto ed invece notavo solo qualcosa di
nuovo, nulla di più. Ti cito un esempio.
Il 1975 è stato per il motocross un anno particolare, o meglio è stato
il principio di un nuovo periodo nato proprio 36 anni fa. Oltre allo
stile di guida, anche negli indumenti da gara dei crossisti vi fu un
cambiamento epocale. Quando iniziai a correre due anni prima, tutti i
piloti - dai campioni del mondiale cross all'ultimo dei
cadetti regionali - indossavano pantaloni di pelle nera, stivali con
lacci lunghissimi e misere magliette aderenti quasi tutte di un
giallino smorto con un logo stampato in monocolore nero: tristissimi.
1975 - Elenco iscritti campionato Interregionale - Classe 250cc con il #94 troviamo Carlo Talamo, mentre nella classe 125
con il #43 c'è il nome di Riccardo Zafred che ringrazio per questo materiale.
Un giorno Carlo si presentò a correre alla prima prova del campionato
interregionale 1975, presso i Prati di Stroncone, con dei pantaloni
colorati blu elettrico. Fin li nulla di straordinario, anch'io avevo
acquistato l'anno prima dei capi Dainese in pelle bicolori blu davanti
e rossi dietro appena fatti fare su misura da questa giovane azienda
vicentina.
Ma Carlo si presentò con i pantaloni fatti di un materiale nuovo,
chiamato sintetico antistrappo, e solo sulle ginocchia e sul sedere
aveva degli inserti in pellame morbido. Personalmente non li apprezzai
in pieno: mi sembrò un tantino pericoloso l'uso specie se capitava di
cadere sui sassi di talune piste. Invece la storia dette ragione
all'imprenditore, e indirettamente anche a Carlo: da quel giorno
cominciarono tutti sempre di più a cambiare il materiale dei pantaloni
cross, finché in pochissimi anni si arrivò ad averli tutti in materiale
sintetico, addirittura senza gli inserti in pelle che Dainese dovette
mettere inizialmente per convincere i maggiormente scettici verso i
nuovi materiali.
Un altro esempio fu quando Carlo acquistò un furgone Renault Estafette
e lo camperizzò in proprio. Carlo se lo costruì da solo per motivi
economici e poi al tempo nessuno se ti fermava per controllare se il
furgone di un ragazzo in ordine avesse anche la “camperizzazione” sul
libretto! Prima di lui nessuno, o quasi, in Italia andava alle gare
vivendo 3 giorni in un camper.
Sai di Carlo ricordo una sua forza particolare, lui frequentava e
conosceva una Roma bene e non lavorava quasi mai oltre il correre in
motocicletta. Ogni tanto, per raccimolare dei soldi, andava a lavorare
come aiuto meccanico da Roberto Paoletti nell’officina in via Denza
nelle vicinanze di P.zza Euclide. Anche lui correva nella 250 ed
apprezzava il carattere di Carlo, il quale, con l'avvicinarsi della
stagione estiva andava un paio di mesi a lavorare da Roberto. Ci andava
con i jeans Levi’s ed una maglietta e a sera quando staccava passava da
noi in Piazza Euclide a fare quattro risate. Durante la giornata
produttiva andava in giro a prendere i ricambi che occorrevano e
lavorava in officina. Aveva un ottimo rapporto con i clienti del
meccanico. Si capiva subito che aveva passione per la meccanica: da
ragazzetto metteva le mani nelle vespe, le elaborava, il più delle
volte si rompevano ma lui ricominciava a lavorarci sopra.
Ricordo che fu lui a dirmi che la Yamaha 350 stradale nasceva 6 marce,
ma l'ultima marcia fu “nascosta” all’ultimo momento dalla casa
giapponese. Era un modo per aggirare una normativa italiana che vietava
la sesta marcia per motociclette con cilindrata inferiore ai 350cc (… i
più maligni dicevano che fu una legge voluta da De Tomaso…). Carlo
aveva imparato a ripristinare la sesta marcia: un lavoretto che lui
sapeva fare perchè aveva imparato sulla 350 di una nostra comune amica.
Che bello quando la 350 tornava ad essere come mamma Yamaha l'aveva
progettata e concepita! Anche mia sorella Lea, coetanea di Carlo ne
comperò una, era violetta e crema, sconvolgente in accelerazione e
logicamente 6 marce già dal giorno dopo l’acquisto.
Insomma Talamo aveva già scritto nel DNA che avrebbe avuto a che vedere
per quasi tutta la vita con le moto, cominciò intorno ai 13 anni e le
toccò tutta la sua VITA.
Ricordo il primo tentativo di Carlo di inserirsi nella pubblicità
motociclistica su giornali del settore. Era l'inizio del 1975 e Carlo
aveva appena acquistato il nuovissimo modello KTM 250 CROSS. Ai nostri
occhi era una specie di astronave buona per arrivare fino a Marte.
Iniziò ad allenarsi e dopo un mese aveva acquistato una notevole
confidenza, anche perchè si guidava facilmente rispetto alle moto
dell'anno precedente. Era il primo K con molta escursione posteriore e
sella alta che ti faceva guidare più sull'anteriore la moto, il
principio delle due ruote odierne. Al tempo i piloti italiani senior
erano ancora legati ad una guida antica fatta dove ancora si vedevano
alcuni fare salti con la moto in verticale e cose del genere… da
cadetti degli anni ’60.
A me e Carlo piacevano invece gli americani che guidavano i cross
giocandoci e facendo di tutto durante i salti. E così, oltre a cercare
di andare più forte possibile, ci divertivamo durante l’allenamento ed
in gara a fare i salti con la moto di traverso con il manubrio al
contrario ruotato a fondo sterzo. Come i matti americani ma noi eravamo
meno bravi…
Una sera ci incontrammo al solito bar Euclide e Carlo, felice come un
bimbo ed eccitatissimo, mi fece vedere una foto in bianco e nero in cui
lui stava in aria saltando con la moto di traverso ed il solito
manubrio contro ruotato. Era bella, veramente bella, sia lui
saltante che la foto stessa che gli aveva scattato un nostro amico
comune fotografo poi diventato professionista. La guardammo e
riguardammo, era bella di brutto, era da reclame. Ed infatti mi disse
che poche ore prima ne aveva spedita una copia per posta
all'importatore italiano della KTM (Arnaldo Farioli). Assieme
alla foto Carlo allegò una lettera in cui si presentava e scrisse che
se avessero voluto utilizzare la foto per una pagina pubblicitaria
(Carlo stava infatti saltando con l’ultimo modello KTM) sarebbe stato
volentieri attore non remunerato, chiedeva in cambio solo una piccola
scritta “CARLO TALAMO”.
Invece Farioli, uomo bergamasco che credeva poco nella pubblicità ed
ancor meno gradiva vedere i piloti giocare con le moto, unto di una
serietà che oggi sarebbe fuori luogo non accettò l’invito. Farioli fu
leggermente miope e non vide un sistema che poteva funzionare senza
spese aggiuntive rispetto la scarna pagina che utilizzava. O più
probabilmente nel 1975 era l'inventiva di Carlo ad essere troppo
avanti, tanto è vero che il suo modo di proporre le H-D ebbe bisogno di
un minimo di rodaggio anche se poi fu il primo sotto tutti i traguardi
di un nuovo modo di esprimere una gioiosa vendita.
Una volta, sempre nel 1975, nella stessa manifestazione, a Passo
Corese, vincemmo ambedue le nostre categorie, Carlo la 250 cc ed io
chiaramente la 125 cc. Il giorno successivo andammo insieme a portare
per una settimana la mia bella coppa dal concessionario Aspes di Roma
che mi faceva correre. Quando tornavamo verso casa mia, ci inventammo
insieme il soprannome “sua velocità”. Partimmo da “il veloce” per poi
passare a “il velocità” fino alla versione finale “sua velocità”.
Che ci apparve fichissimo, come “sua eccellenza”, “sua santità” ecc.
Quel “sua velocità” lo inventammo insieme, un pezzo uno ed infine
l'altro a rifinire. Lo inventammo insieme e per non usarlo ambedue per
cui decidemmo di giocarcelo a pari e dispari con una serie di regole
aggiuntive e ma con mooolte spiegazioni sulla vittoria. Quando eravamo
sicuri ci giocammo il risultato, vinsi io e Carlo lo accettò di buon
grado e da quel giorno fui “sua velocità”. Alcune volte lo scrissi sul
plexsiglass del cupolino delle moto da velocità o fui soprannominato
così da amici che sapevano la storia di questo soprannome vinto a pari
o dispari ad un amico, Carlo, con cui lo plasmammo insieme. Credo che
sia questo il vero motivo per cui tutt'oggi provo piacere ad essere
chiamato da un amico “hei, sua velocità aspettami che andiamo
insieme…”. Quel “sua velocità” è tutt’oggi un ricordo permanente di un
amico che non c'è più da tempo.
Nel 1977 l’allora venticinquenne Carlo Talamo decise che era finito il
suo tempo di bighellonare con gli amici di Piazza Euclide e doveva
iniziare a fare qualcosa di vero, da adulto. Era finito il tempo dei
giochi, o meglio stavano per cambiare i giochi di tutti noi, ma non
sapevamo ancora come e quando, c'era solo la decisione del cambiamento,
quella sì… c’era. E così partì da Roma per cercare fortuna a Milano.
Quando penso a Carlo ancora non mi sembra possibile che proprio a lui,
uno che sapeva andare in moto in tutte le situazioni, abbia guardato da
una altra parte per un attimo e subito sia accaduto l'impossibile.
Vorrei ricordare ancora un pensiero sul mio amico Carlo, quando iniziò
l'avventura H-D ed andò velocemente in crescita, molti si stupirono,
tutti rimasero allucinati all'approccio delle sue pagine personalissime
sui mensili del settore moto, tutti TALAMOPENSIERI normali per noi che
lo conoscevamo da tanto, ma mai visti per la massa.