In
questa pagina ho raccolto le interviste che negli anni Carlo ha
rilasciato alle varie riviste del settore. Se sfogliando qualche
vecchia rivista trovate qualche articolo che non ho riportato in questa
pagina, inviatemelo e sarà pubblicato con un ringraziamento :-)
Settembre
2002
TIGER
SPORT :
Intervista a Carlo Talamo -
di Roberto Ungaro da MOTOCICLISMO
nr. 89
Ci
sono molti modi per scrivere di una moto. Ma non capita tutti i giorni
di parlare di un prototipo, di una Triumph Tiger Sport che non esiste e
che, forse, un domani potrebbe essere prodotta. Ci sono molti modi per
fare un intervista. Ma con un soggetto come Carlo Talamo non conviene
presentarsi nel suo ufficio con giacca e cravatta armati di
registratore
e penna Mont Blanc nel taschino. La cosa migliore, con uno come lui,
è
trovarsi al bar per un cappuccino o, meglio ancora, al chiosco dove va
a
mangiare (Sergio & Efisio a Milano), per un panino volante
“vista
mare”, ovvero il trafficatissimo Corso Sempione. Oltre che
stare
più
rilassati, si vedono anche cose curiose, moto di tutti i tipi, auto
d’epoca e magari qualche personaggio di Radio Deejay (la sede
è a due
passi). Insomma, abbiamo sempre parlato di moto, ma come si fa a
scrivere di una che non c’è? Semplice: si fanno
delle
domande a che
l’ha partorita. Magari via e-mail. E Carlo Talamo ci ha
risposto
così
prontamente e in modo così esaustivo che, senza volerlo, ci
siamo
trovati il “pezzo” in mano. Non abbiamo fatto altro
che
mettere
assieme le nostre domande alle sue riposte (sia benedetto il sistema
copia/incolla del PC…), che vi proponiamo in forma integrale
qui
di
seguito.
Domanda.
Caro Carlo, le endurone sono nate con la moda dakariana. Poi quella
è
finita e ci si è accorti che, oltre a volumi inutilmente
gonfi,
tutta
quella escursione delle sospensioni rendeva solo imprecisa la guida su
strada (tanto fuori non ci è mai andato
nessuno…). Quindi
col tempo
si sono sempre più stradalizzate: questa moto è
l’ulteriore passo in
avanti di tale processo? E, se no, cos’è?
Risposta.
“Le
endurone sono cresciute così tanto da coprire quasi
completamente le
supertourer. In effetti sono oramai motociclette da viaggio. Io non ho
nulla contro tutto questo. Ma ho ferma nella mia mente l’idea
che
Triumph debba costruire, con affidabilità
“giapponese”,
motociclette personali e differenti. La Speed Triple e il suo successo
dimostrano ciò che dico. Questa Tiger Sport non
piacerà a
tutti. Ma
piacerà molto ad alcuni. No, non è un endurona. E
nemmeno
una super
motard perché non ne ha la leggerezza ne
l’essenzialità. Per usare
un termine che ne dizionario di marketing non ho trovato: è
una
moto
‘figa’. Col suo carattere in mostra. Non vuole
piacere con
linee
morbide ed accattivanti. La quota di mercato Triumph in giro per l'Europa
è attorno al 3%. Nella mia
personalissima inchiesta di
mercato che si è svolta facendo vedere la motocicletta a
circa
50
persone ho ottenuto 25 risposte : la voglio, la voglio comprare. Fammi
il contratto. Il che porta la quota al 50%. Carino no? Io preferisco
avere dei convinti sì e dei convinti no. Piuttosto che
ricevere
il
solito, tiepido commento :’Non è male’.
Nessuno
compra una moto che
‘non è male’. Perlomeno non in questa
fascia di
prezzo.
Sintetizzando… è una motocicletta che fa molte
cose:
è comoda per
via della posizione di guida rilassata. E’ veloce per via del
motore
Daytona da 149 CV (ma ci dovrebbe essere anche una versione
più
tranquilla da 100 CV). E’ protettiva per via della
carenaturina.
E’
funzionale perché la borsina può ospitare quelle
cose che
con una
supersportiva devi mettere nello zaino. E’ socializzante
perché la
passeggera non ti molla dopo il primo giro. In giro per
l’Europa,
dove
le assicurazioni sono pesantissime per le supersportive, paga premi
ridotti pur avendo prestazioni fulminanti. Non si ferma ad ogni
distributore perché il serbatoio è bello
ciccione. Che
cosa sia
esattamente ed in quale settore si vada a collocare non lo so con
esattezza. Probabilmente lei è il settore. O forse sta tra
le
motociclette amate da chi compra le motociclette particolari. Senza
tanto stare a pensare.”
D.
Tu hai sempre avuto una Tiger come moto personale. Perché
l’hai
preferita a un’altra Triumph?
R.”
Vero. Perché la Tiger non mi stressa. Sto comodo, viaggio
veloce, ho
una borsa nella quale stipo una giacca o una antipioggia, o un
caschetto
di fortuna casomai incontrassi una… Perché
è bella
da guidare e
perché in città si muove come un Vespone. Io la
amo la
mia Tiger. Però
quando la guardo mi scendono un po’ le orecchie. Difatti
c’è chi la
adora. Ma gli altri non la guardano neppure.”
D.
Questa è una Tiger modificata come la vorresti tu? E quanto,
invece,
c’è della moda attuale delle motard?
R. “Il
mio marketing è fatto in casa. Forse è difettoso,
forse
non tiene
conto dei meganumeri, i trends, le collocazioni psicosociali e le fasce
socio economiche. Forse io non capisco una “fava”.
Ma
quando metto
le mani su un idea e faccio una motocicletta cerco di fare qualcosa che
mi piace di brutto. E poi penso che di scemi come me ce ne siano un
certo numero a spasso per il pianeta. Quelli saranno il mio mercato.
Questa non è la Tiger come la vorrei io. Questa è
una
motocicletta che
io vorrei poter avere. Che al momento non esiste. E che ho realizzato
partendo dal principio che se tutti stanno
‘granturismizzando’ le
loro enduro, allora Triumph deve fare il contrario”.
D.
Ricorda così tanto la Tiger perché deve avere
più
parti in comune
(contenimento dei costi), perché deve esserci family feeling
(bufala…), o perché altro ancora?
R. Bob Lutz che è uno dei miei miti (il
papà della Viper,
tanto per
dirne una) ha
sempre detto che fare una bella automobile partendo da un foglio bianco
è difficile. Ma fare una bella automobile partendo da
qualcosa
che già
esiste è ancora più difficile. Però
è
remunerativo per il
fabbricante perché costa infinitamente meno,
perché
può andare
velocemente in produzione e perché taglia molti dei tempi
necessari ai
tests e alle omologazioni delle singole parti. Quello che mi piace
è
proprio questo. Prendere una motocicletta e pasticciare sopra. Senza
rifare tutti, ma cambiando completamente il risultato. Questa Tiger
Sport ha il serbatoio di origine, il faro posteriore della precedente
Speed Triple, i fari anteriori della Sprint, manubrio e comandi della
Speed. Ruota posteriore della Sprint ST con monobraccio e sospensione
posteriore riadattata. E’ divertente. Il mio rapporto con la
Triumph
è questo qui. Le moto nuove le fanno loro. Io ne prendo
alcune e
ci
traffico sopra.”
D.
E perché dovrei comprare questa moto?
R. “Perché
quando la guardi ti piace oppure non ti piace. E perché se
la
guiderai
non potrai resistere ai 150 CV col manubrio alto.”
D.
Questo tuo nuovo ruolo di consulente alla Triumph che stimoli ti
dà?
Cos’è cambiato nei tuoi rapporti con la Casa madre?
R. “Quando
avevo sedici anni tentai di iscrivermi ad una scuola di Industrial
Design che stava in Belgio. La migliore di allora. Volevo disegnare
motociclette. Non riuscii. Da allora ho fatto un lungo giro per
arrivare
finalmente a ‘disegnare’ motociclette. In effetti
non so
tenere una
penna in mano. Ma so dialogare con che disegna e so trasferire il mio
pensiero. Con la Tiger, poi, ho avuto grande fortuna. Il disegnatore
è
maniaco di motociclette. E il nostro accordo è totale.
Insomma,
sono
contento. Sono molto contento. Ovviamente sarò
più
contento quando la
RS.S e la Tiger Sport andranno in produzione.”
D.
E quante probabilità ci sono?
R. “Questa
è una bella domanda. Anzi è orribile. Non lo so.
Davvero.
Le decisioni
delle fabbriche seguono percorsi che a me sono sconosciuti e
incomprensibili. Di certo è che la fabbrica investe molto in
questi
prototipi e non penso che lo faccia per amor mio. La volontà
di
costruirla c’è. I tempi non li conosco. Al momento
abbiamo
veramente
tante cose che stanno prendendo forma in azienda. Tante.”
D.
Cosa ti è costato realizzare questo prototipo? Triumph ha
partecipato?
R. Il
prototipo è stato realizzato all’estero ed i costi
sono
stati
affrontati interamente dalla Triumph. Un prototipo è
normalmente
un
esercizio costoso. E la perfezione di questa Tiger è
sensazionale.
Comunque, tornando ai miei rapporti con la Casa, ti dicevo che mi piace
molto questa mia nuova veste. Non sono stato pagato per questo
prototipo, ma mi è servito per iniziare questo mio nuovo
ruolo.
Ti dirò
di più: mi piacerebbe fare il consulente per più
aziende.
E magari,
perché no, anche italiane. Perché secondo me
l’intelligenza è scesa
come la pioggia ovunque. E non solo a Milwaukee, a Hinckley e a
Mukwonago (eh eh, scommetto che ti stai chiedendo che cavolo centri, ma
è la sede della Buell). Quindi a me piacerebbe dare
molto alle
aziende di moto: prima di dare, però, devi avere e io sono
convinto di
poter ottenere molto da quella parte di intelligenza dei Marchi
italiani.”
D.
L’idea della borsa singola fissa che si apre con la sella
è geniale.
Come ti è venuta in mente? Non pensi, però, che
sia di
difficile
industrializzazione?
R. “L’idea
della borsa è mia. Ma è stato il mio amico
disegnatore a
pensare
l’apertura che include la sella. L’abbiamo
realizzata per
essere
industrializzabile così com’è.
Un’altra cosa,
per esempio, è il
rialzo della sella del passeggero: mi è venuto in mente
osservando i
sedili delle auto che devono trattenere molto nella guida. Sai, io mi
ispiro molto al mondo della auto. Mi piace un sacco, compro moltissime
riviste di auto, quel mondo è il mio riferimento.”
D.
La sella, mi sembra di ricordare, è più larga
della
media, non trovi?
C’è un motivo? E quello scarico così
grosso
è da ‘pelle
d’oca’, ma non può risultare troppo
aggressivo per
un utente
normale? Inoltre, potrebbe far subito pensare a possibili
scottature…
Da un lato la borsa fissa e dall’altro un ‘tubo
della
stufa’ in
stile Dragster : è bellissimo, ma non
c’è armonia,
non ci hai
pensato? O lo giudichi un ulteriore appeal della personalità
di
questa
nuova moto?
R. “La
sella doveva coprire uno spigolo del serbatoio che non mi piaceva. E
poi
il mercato tedesco ama le sellone, come quello americano. Lo scarico
non
risponde altro che alla mia libidine personale. Forse dovrà
compensare
qualche mia carenza sessuale…, ma lo volevo così.
Esagerato. E con
una copertura, anche se si vede poco, quindi non ci sono problemi di
scottature. Da quando andai come turista a Versailles imparai ad odiare
la simmetria. Che è logica, ovvia, banale, borghese. Amo
invece
la
asimmetria. Non ci sono molti esempi di veicoli asimmetrici. Chris
Bangle (papà della nuova serie 7) ha disegnato una
automobile
BMW
asimmetrica. Tutti l’hanno stroncata. Io l’ho
adorata. Mi
piace la
vista posteriore della Tiger Sport. Me la immagino che ti danza davanti
sulle curve della Cisa e ti ipnotizza”.
D.
Quante parti sono diverse dalla Tiger? Hai utilizzato altri componenti
di Casa Triumph o hai fatto qualcosa di ex-novo? Cosa ti sarebbe
piaciuto mettere che non hai potuto per ragioni di costi o altro?
R. “Ho
rifatto la sella, la borsa laterale, il cupolino, lo scarico, i
fianchetti e gli inserti nel serbatoio per inserire le scritte. Le
sospensioni sono più basse, ,la moto farò i 250
km/h
limitati.”
D.
perché hai voluto il cupolino trasparente?
R. “Perché
la funzione non è mai brutta e piuttosto che mettere in
ordine
nell’impianto elettrico ed inventare coprifari, ho preferito
mettere
tutto alla luce. Un po’ come, nei vecchi lotf, si evidenziano
le
tubature
a vista con vernice colorata
piuttosto che cercare di
mimetizzarle senza riuscirci. E poi, in città fra le
macchine,
almeno
vedi dove metti la ruota davanti.”
D.
Quanto dovrebbe costare?
R. “Io
credo un prezzo che stia tra
la Speed e la Daytona (11.350/12.800
euro n.d.r.).”
D.
Se ha concorrenti, quali sono?
R. “Tutte
le moto di carattere sono potenziali concorrenti. Forse potrebbe essere
concorrente della Speed. O meta evolutiva per i clienti della
Speed.”
D.
Tu, a mio avviso, hai una capacità di analisi estetica della
moto e una
emotività di fronte a essa che pochi posseggono. E sei molto
ascoltato
per questa tua dote: dimmi cinque particolari di qualsiasi moto che ti
fanno libidine e altri cinque che invece ti fanno accapponare la pelle
dal disgusto.
R. “Libidine:
gli scarichi sottosella della 916, il motore Vermati, il cupolino della
vecchia Speed, la sella super corta della prima Buell S1, per altro
voluta da me. Mi ricordo ancora che proposi alla Casa la sagoma col
cartone e loro la produssero tale e quale. Mi fanno
“ribrezzo”,
invece : gli scarichi sottosella della
Honda VFR, le imitazioni
giapponesi delle Harley-Davidson, la sella extra-lunga della Triumph
RS,
l’immobilità generale della H-D e lo sbandamento
dei
costruttori che
perdono la loro identità nel rincorrere il
mercato.”
|
Settembre 2002
IO
E LE INGLESI
D.
E’ una vita che modifiche moto, ma l’hai sempre
fatto per
tua
libidine, col seghetto e col martello, cosa vuol dire invece farlo per
un’azienda sapendo che può essere prodotta in
grande serie?
R. “Vuol
dire avere meno libertà perché devi tener conto
di
criteri che servono
per l’industrializzazione: costi, omologazioni,
funzionalità e perché
no, un po’ di marketing. Un percorso a ostacoli, ma
paradossalmente più
gratificante perché più difficile. Di
customizzatori
ormai ne è pieno
il mondo, ma un conto è fare una
‘pazzia’ a due
ruote e un conto
una moto che può diventare popolare. Ad esempio la Baby
Speed:
glielo
dissi per sei mesi che quella moto coi mezzi manubri non riuscivo a
guidarla come volevo e invece col manubrio alto andavo da paura. Mi
spiegarono che la moto doveva andare bene anche con le gomme lisce,
perché l’utente nei primi 10.000 km non le cambia
e quindi
loro fanno
anche questo test. Alla fine siamo riusciti a capirci e adesso la moto
uscirà anche col manubrio alto. Io vengo dal fuoristrada e
questo mi ha
impostato in un certo modo. Non riesco ad avere le mani sul perno della
ruota anteriore e sto più
arretrato, guido col sedere”.
D.
Ma come far capire agli inglesi il tipo di moto che vuoi?
R. Vado
là
e indico quello che non piace. Siccome non mi piace quasi niente, gli
appiccico di fianco la mia versione, su un foglio enorme, e loro ogni
volta fanno oh…oh…oh… E’
andato così
una decina di volte.
D.
Però con la Bonneville non sei riuscito a intervenire e si
è visto: le
vendite in Italia non sono andate poi così bene.
R. Non
è
mica vero. Il primo anno l’hanno comprata in 300. Sai quante
H-D
Sposter vendetti il primo anno? 50. La Bonnie ha davanti a
sé
dieci
anni di vita, bisogna aspettare. E poi, con due modifiche, si trasforma
che è un piacere. Basta davvero un niente, cioè
pochi
soldi.”
D.
Dicci allora cosa bolle in pentola a Hinckley
R. Stanno
facendo un motore 3 cilindri longitudinale…”
D.
Per quel ‘boiler’ a due ruote che si è
visto in
qualche foto?
R. “Sì,
proprio lui, ma vedrai che non sarà così la
versione
finale. Comunque
avrà dei numeri fuori di testa: se pensi che l’H-D
V-Rod
ha 9,32 kgm
a 5.750 giri, quella avrà 20kgm già a 2.400 giri.
Pensa
che ha un
limitatore, in prima e seconda marcia, che rifiuta l’apertura
totale
del gas. Dicono che in quinta sgommi
sull’asciutto…”
D.
La Triumph più Triumph che c’è?
R. “Speed
Triple, non ho dubbi. Ne sto facendo una da urlo. Praticamente non ha
più
il dietro”.
|
Giugno 2002
Intervista di Alan Cathcart in occasione della presentazione della RS.S - 19/06/2002
Carlo è una persona che parla
chiaro,
anche con John Bloor:
"Se
dividiamo in due la grande famiglia delle motociclette, da una parte
abbiamo le marche classiche, come BMW, Ducati, Guzzi, Harley,
dall'altra la modernità dei costruttori giapponesi. In
mezzo,
nessuno. Ecco, secondo me la Triumph è cresciuta fino al
punto
di poter occupare questo spazio: anche se gran parte del pubblico
ritiene ancora la fabbrica di Hinckley un posto dove si monta roba
costruita all'esterno, la realtà è diversa.
L'azienda
realizza tutte le componenti principali e svariati dettagli al suo
interno, e John Bloor è un maniaco della qualità,
al
punto tale da disinteressarsi quasi dell'aspetto estetico. È
l'esatto contrario di un genialoide come Claudio Castiglioni, che si
concentra sullo stile e sui dettagli: le sue moto sono stupende, ma a
discapito delle qualità e dei fondamenti commerciali.
Castiglioni non potrà mai mettere in piedi un'azienda come
la
Triumph".
"Guarda l'Aprilia,
un'eccezionale assemblatrice: va bene finché produci
scooter,
cinquantini e 125 cc. Poi, quando vuoi fare il salto, ti manca
qualcosa. Come nella RSV Mille: va forte, è ben costruita,
vince
le corse, eppure le manca qualcosa. Secondo me in una motocicletta
bisogna sentire la passione. Io credo che John Bloor abbia realizzato
che bisogna mettere un po' di vérve nel design delle moto,
che
mostri la vena passionale di progettisti che, non dimentichiamolo,
hanno realizzato la Speed Triple".
"E
questo
ci porta alla nostra RS:
perché non
vende, perché non piace quella che per me è la
Triumph
più bella? Se la guidi ti innamori, ma i clienti non
vogliono
nemmeno provarla. Eppure comprano moto come le Suzuki, che trovo
orribili, o le Honda, veramente noiose: perché?
Perché
trovano quello che cercano: qualità e
affidabilità. Ma
dalla Triumph, l'unica a competere con i giapponesi sul fronte della
qualità, la gente vuole di più. Vuole un gusto
estetico
europeo, vuole una riconoscibilità, vuole carisma. John e io
abbiamo un approccio molto diverso: io sono italiano, e penso che se
fai una bella moto, la vendi; lui è inglese, e pensa che se
fai
una moto di qualità, la vendi. La verità
è che ci
vuole qualità e look, mai uno senza l'altro. Se no succede
come
alla Buell: modelli personali, belli da vedere. La gente li ha
comprati. Ma la qualità era bassa, e ora che la moda
è
passata è un'azienda che lotta per sopravvivere. Le Triumph
hanno la qualità, ma hanno sempre peccato, per dire
così,
di sex appeal. Ecco perché ho pensato di modificare la mia
RS e
di farla più bella. Ma questa volta ho messo la testa a
posto:
l'ho modificata tenendo conto delle necessità della
produzione
di serie".
"La Triumph ormai
può
produrre qualsiasi moto"
Oggi
i
costruttori fanno moto "globali",
da vendere in
tutto il mondo,
ma il successo dell'Harley-Davidson è stato l'aver saputo
costruire 21-22 modelli con un motore e mezzo, almeno prima della
V-Rod. Invece qui alla Triumph abbiamo 12 modelli, con quattro motori:
credo, e mi pare che anche John la pensi così, che sia
giunto il
momento di costruire più modelli sulla stessa base. Ecco
perché abbiamo fatto la RS.S, che i clienti potranno
acquistare
tra un paio d'anni".
Sarà
quindi questa moto la
linea di partenza per
una serie
di
modelli di nicchia imparentati tra loro? Risponde Ross Clifford,
responsabile commerciale per l'estero: "Credo che Bonneville e Sprint
siano due modelli ideali per operazioni di questo tipo. Non so se tutta
la gamma Triumph sarà interessata da questo genere di
operazioni, ma certo la prima sarà questa RS.S. Per
definirla
nel dettaglio e metterla in produzione ci vorranno ancora 18 mesi, per
colpa dell'incendio, però adesso che il pubblico
può
vederla ci aspettiamo un ritorno di informazioni sull'apprezzamento dei
potenziali clienti. Ci tengo a sottolineare che questa
non sostituirà l'attuale Sprint RS, ma sarà solo
una
versione più sportiva, come Alpina per BMW o AMG per
Mercedes".
E
la
prossima, Carlo, quale
sarà?
"Innanzi
tutto vorrei sottolineare il
fantastico
potenziale della
Triumph: mentre molti altri, come BMW, Ducati, Harley, sono per
tradizione legati a schemi tecnici consolidati e riconoscibili, Triumph
può ormai produrre di tutto, dalla moto retro a proposte
modernissime e provocanti. E anche scooter, perché no?
Adesso
che
c'è una collaborazione così stretta, ho in mente
di
proporre alcune cose, che permetteranno alla Triumph di posizionarsi
ancora meglio sul mercato: tra queste, una moto che attualmente non
esiste, in nessun catalogo, basata su un modello già in
produzione, ma qualcosa di completamente inedito".
Che
John
Bloor abbia trovato il suo
Tamburini?
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2001 (da Motociclismo)
Novembre
2000
La
nuova Bonneville:
Intervista a Carlo Talamo -
da MOTOCICLISMO Novembre 2000
Milano, 9 del mattino, in
un
angolo
grigio di una giornata grigia. L'appuntamento è all'angolo
di una piazza, sotto una fastidiosa pioggia che non riusciamo ad
evitare perché siamo in scooter. Conoscendo Carlo Talamo
buttiamo gli occhi alla ricerca di qualcosa di speciale per
riconoscerlo: chissà, una Jeep da deserto, una Super Seven
tutta ruote e motore o qualche moto da sogno. Niente di tutto questo.
Nel grigio milanese spicca uno scooter 50 rosso: un Italjet Dragster.
E' proprio lui, con tanto di casco e giaccone tecnico. Non male per uno
che ha importato per anni Harley, Bentley e Rolls... Attraversando i
due incroci per raggiunger l'ambita colazione è
bagarre. Davanti al bar si arriva in staccata. Non ci vuole tanto a
capire che Carlo è sì un imprenditore, e dai
numeri forti, ma pur smnpre con le due ruole nel sangue. Ecco il suo
pensiero di fronte a brioche e cappuccio.
Questa
Bonneville è o non
è ciò che ci si aspettava? "Sì, ci
mancava proprio una moto più facile, più
accessibile come impatto e come guida rispetto alle altre Triumph".
In
Italia
la Bonnie costerà
16.500.000 lire e quindi non sarà l'entry- level della gamma
(la Legend costa infatti 14.900.000 lire). "Esatto. Chi
comprerà questa moto non lo farà per il prezzo.
Certo, il fatto che non costi molto aiuta, ma questa moto
potrà fare tendenza e quindi il prezzo non diventa
più un fatto determinante."
Chi
si
innamora di questa moto, il
giovane o il nostalgico? "Entrambi.
E' ovvio che
questa Bonnie è diversa da quella vera, ma io ce l'ho una di
quelle e... avete presente cosa vuoi dire usarla oggi? E' quasi
impossibile. E allora ben venga una moto che frena e che sta in strada
se prende una buca. E poi questa Bonnie è per tutti. Per
quello che ha lo scooter e che vuole passare alla moto. Poi ci sono le
donne e tutti quelli a cui non importa niente delle prestazioni, ci
sono quelli che si ricordano gli anni 60, quelli che vogliono un
oggetto di cui si parli. Avete presente la Sportster? Sembra essere
sempre uguale a se stessa e invece se prendete una 883 di 20 anni fa vi
accorgerete che è diversa da quella di oggi. La nuova
Bonneville è così. Nel tempo si è
evoluta e ora abbiamo davanti agli occhi l'ultima versione, quella dei
nostri giorni. Per farvi un esempio, di un amico che si frequenta tutti
i giorni non si vedono i cambiamenti, ma di una persona che non si vede
più da tanti anni si. Ecco perché questa Bonnie
non è la copia esatta di quella vera. E' attuale."
Quindi
dovremo aspettarci delle
personalizzazioni come con la H-D? "Io
non vedo l'ora che
arrivi per poterci mettere le mani, per trasformarla come piace a me.
Si potranno fare bellissime special a prezzi accessibili, senza per
questo doverle addobbare come carretti siciliani. La gente ha voglia di
qualcosa di nuovo, si è chiuso un secolo, ma senza
dimenticare il passato che è molto importanle per fare lo
voce grossa oggi."
Del
resto
hai inventato modelli come
l'H-D Night Train o la Road King... "Si,
ma questo non lo
dire, non mi interessa far la figura del grande."
E
la
Kawasaki W650? "Quella
è nata
per gli hobbysti giapponesi. Là è pieno, per
esempio, di Yamaha SR trasformale in Cafè Racer. La Bonnie
è più moto, ha più motore,
è più europea."
Quante
Bonnie arriveranno in Italia? "Circa
300 nel 2001, poi
vedremo."
Ora
che
non c'è
più l'H-D nella testa di Carlo Talamo (non ha più
l'importazione), cosa succederà per la Triumph? "Sicuramente una
distribuzione più massiccia, aumenterà
l'organico, del resto l'Italia è il terzo Paese europeo per
importanza di mercato e ha spazio per crescere. Credo che la moto in
genere avrà un grande successo, ancor più di
oggi. E il tempo sarà sempre di più la nuova
ricchezza, quindi la
moto, che
è
un oggetto che ne fa guadagnare parecchio, conoscerà sempre
più estimatori."
Insomma,
futuro roseo per questo
Marchio? "Assolutamente.
Triumph in pratica non ha concorrenza. E' a metà strada tra
ia perfezione fredda giapponese e il 'calore' europeo. Ha il suo
spazio, senza
pestare i piedi a
nessuno."
Ci
congediamo da Carlo, convinti che
questa Bonnie potrà assumere mille volti diversi. Gas in
mano e via, siamo di nuovo in bagarre col suo Dragster. Fa nienle se
l'ago segna 30 km/h. L'ultimo saluto è in slancio, dove a
separarci è uno svincoio, proprio da motociclisti veri.
Strano imprenditore Carlo. Gira miliardi, ma ancora s'infiamma e
dà gas. E poi dicono che sono quelli giovani, gli
imprenditori della new-economy, a essere meno formali e ad aver
abbandonato giacca e cravatta...
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2000 (da SuperWheels)
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2000 (da Freeway - Grazie a NicK Lake)
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1999 (da Freeway - Grazie a NicK Lake) |
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2000 circa da Freeway (grazie ad Asky per l'articolo)
1999 (da Motociclismo)
1998 (da Superwheels)
1997 (da Freeway - Grazie ad Asky)
Dicembre 1995 (da Motociclismo)
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Intervista da AutoCapital (agosto 1994) - Grazie a Triluc e Frosty per avermi inviato l'articolo
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Marzo 1993 Motosprint (grazie a Rikka per l'articolo)
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