INTRODUZIONE
Difficile spiegare a chi non lo conosceva chi era Carlo Talamo: un
personaggio unico che aveva fatto delle moto la sua vita, contagiando
tutti quelli che gli stavano vicino fin da quando, da ragazzo, si
accorse che un motore e un manubrio sapevano regalare sensazioni
uniche. Un poeta nel suo genere, capace di vedere dietro a un “pezzo di
ferro” cose che gli altri non riuscivano neppure ad immaginare. E
sapeva trasmettere tutto ciò con i suoi gesti, con le sue parole,
perché una moto, per lui e per tanti altri come lui, è qualcosa di
speciale, di vivo. Le sue poesie, scritte per inizialmente per le
pubblicità delle Harley-Davidson, raccontano cosa si prova ad essere un
motociclista. Leggetele e vi verrà voglia di scendere in garage,
prendere la moto, ed andare…
Carlo ritratto per una pubblicità
In una delle prime pagine pubblicitarie, Carlo scriveva
“comprate una
moto, non importa la marca o la cilindrata o l’età, ma comprate una
moto”. In un’altra intervista
“Voglio moto vere, non soprammobili da
mostrare agli amici, oppure da usare e gettare dopo qualche mese perché
è uscito il nuovo modello. Adoro le moto vissute, come quelle dei
pony-express di Londra perché sono collage incredibili di pezzi presi
qua e là per risparmiare e continuare ad andare in giro. Sono oggetti
vivi pieni di quella fantasia che da tanti anni predico tra i miei
amici e clienti.”
Carlo era un personaggio decisamente particolare, di quelli che
suscitano immediatamente odio o amore ma comunque non lasciano
indifferenti. Alla soglia dei cinquant'anni non aveva perso il gusto di
inventare modifiche di ogni genere (meccaniche ed estetiche), né quello
di andare in moto.
Non si limitava al solo commercio, anzi, la sua era una passione tale
da convincere i produttori a modificare i modelli esistenti secondo la
sua creatività e gusto personali. Il segreto del suo successo?
"Io
parto da un concetto di base: sull'autostrada ci vanno tutti, io
preferisco andare per un sentiero di campagna. Sicuramente incontrerò
meno clienti, ma quei pochi sono tutti miei. Basta una moto, quella che
piace a me".
Negli anni molte sono le special create da Carlo sia su base
Harley-Davidson che Triumph: la sua storia professionale trabocca
infatti di belle moto da lui pensate, dove ha sempre dimostrato
capacità di valorizzazione, originalità, cultura storica e buon gusto.
Nella sezione
moto troverete maggiori informazioni sulle sue creazioni.
Rideva molto di se stesso e si prendeva molto in giro. Amava mettersi
in mostra in modo ironico ma sempre intelligente: nella sezione
foto
troverete alcuni scatti di questo tipo.
STORIA
Carlo Fulvio Talamo Atenolfi Brancaccio di Castelnuovo, figlio di
nobili decaduti, nasce a Roma il 18 novembre 1952 dove trascorre i
primi anni della sua vita, ma ben presto si trasferisce a Milano dove
farà presto fortuna.
In un articolo pubblicato su In Moto Extra (agosto/settembre 1994) Carlo Talamo scrive: "
Si
sono romano, nato a Roma, vissuto perlopiù lontano da Roma, in campagna
prima e in un paesino al mare poi. Qualche anno all’estero, in Francia,
in Belgio, in Inghilterra. E poi tornato a Roma per una quindicina
d’anni. Il resto qui a Milano”.
Del periodo romano si hanno poche notizie, l’unica certezza è che fin
da piccolo amava qualsiasi mezzo a due ruote... come la maggior parte
dei suoi coetanei d’altra parte. Motorini scassati, vespe e poi il
tassello. Carlo scrive in un racconto per la pubblicità HD di essere
stato letteralmente fulminato da una Harley-Davidson quando, nel '59,
ne vide una nella piazza del paesino in Calabria dove soggiornava...
forse uno dei suoi racconti romantici più che un vero ricordo.
Di vero sappiamo che Carlo non ha mai amato molto frequentare la
scuola. In un articolo scritto di suo pugno per Legend Bike (dicembre
1992) si legge:
"A scuola ci sono andato per una vita. Ne sono uscito
stanco, malconcio, pieno di vizi e con la licenza media. Non lo dico
per piangermi addosso. Ne per far pena. Lo dico perché è vero. Per
stabilire, con chi fosse interessato alla mia biografia, un corretto
angolo di visuale. Io non sono scemo, sennò mi avrebbero mandato a casa
dopo la terza elementare. Però non sono neppure un’aquila altrimenti
l’università col berretto quadrato, la laura attaccata al muro e tutto
il resto non me la levava nessuno. Ma le cose nella vita vanno come
vanno (...). Io, una laurea in scienza economiche con master in
comunicazione e tesi sul ruolo dell’impresa nella realtà degli anni
2000 non l’ho ottenuta. Neanche pagando, l’avrei ottenuta. Il mio fare
un po’ ruspante è il frutto della mia terza media."
Una testimonianza tratta dalla pagina facebook …Amici di Talamo riporta:
Eravamo piccoli....o giovani....insomma era circa il 1975.....facevamo
motocross il fine settimana e ci intontivamo di chiacchiere e di motori
smontati durante la settimana.
Un pomeriggio ci mancava un pezzo e andiamo a comprarlo insieme dal
moto ricambi col suo vespino...c'era traffico e carlo sale sul
marciapiede per evitare la fila...passiamo accanto a una vecchietta che
si mette ad urlare come un aquila al nostro passaggio....a piazza
pitagora c'erano in quel momento due carabinieri coi loro guzzi v7...ci
scambiano per scippatori e comincia un girotondo con inseguimento nella
piazza...carlo mi urla scendiiii....io mi lancio al volo e comincio a
godermi il carosello del vespino inseguito dai due guzzoni, con carlo
che cerca di farsi largo da una parte all'altra per sfuggire.....ma
tutto e tutti erano contro....un accerchiamento di lamiere e i caramba
lo catturano come se avessero preso il re della banda della magliana....
il mio terrore nel chiamare la povera mamma per spiegargli l'equivoco e
sperare di essere creduto....andò tutto bene....erano altri tempi....
Fabrizio Frinco Rolando
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Carlo ha avuto un passato di competizioni nel motocross. Tra il 1973 ed
il 1979 gareggiò con le 250 ed in particolare con la Husqvarna e la
KTM. Una preziosa testimonianza di questo periodo è fornita Riccardo
Zafred, il suo racconto completo lo trovate qui
Carlo raccontato da
Riccardo.
Foto di gruppo prima della gara: Talamo Carlo n.° 94 (www.maximotogroup.com)
Con il numero #94 Carlo Talamo in sella alla sua Husqvara. A dx Luigi Luzzi in sella a Montesa
(grazie a Luifi Luzzi per la foto e Riccardo Zafred per la segnalazione)
1975 - Carlo Talamo n#94 KTM 250 cc sul circuito di Cesi, paesino vicino Terni
Grazie a Riccardo Zafred per la foto - Foto di Marcello Giovannetti
1975 - Elenco iscritti campionato Interregionale - Classe 250cc con il #94 troviamo Carlo Talamo, mentre nella classe 125
con il #43 c'è il nome di Riccardo Zafred che ringrazio per questo materiale.
Ricorda Max Brun:
“Talamo me lo presentò mio padre in occasione di una
uscita: mi ritrovai di fronte un ragazzetto romano dall’aria un po’
sbruffona e con le scarpe di legno, la prima cosa che pensai fu “Ma chi
si crede questo?”. Ma bastò una smanettata fra i boschi per farmelo
conoscere ed amare: ci bastonò tutti!”. Carlo ci sapeva fare in moto.
Parlate con chiunque abbia avuto l’occasione di girare con lui e vi
dirà che andava forte: sia che stesse guidando il suo Softail Giallo,
la sua Tiger mimetica o la RS, Carlo era sempre davanti a tutti."
I PRIMI ANNI A MILANO e GIOVANNI CABASSI
Perché Carlo decide di lasciare Roma e trasferirsi a Milano? Le
motivazioni furono sostanzialmente due: lavoro e donne! Carlo non si
trova bene a Roma, si era reso conto che la qualità e la tipologia del
mercato del lavoro di Roma non era quello di cui lui aveva bisogno. Poi
ad un certo punto suo padre gli dice che non hanno più soldi e Carlo,
vista la mancanza di sbocchi a Roma, segue Francesca, la fidanzata di
allora, nella sua città natale: Milano. Siamo nel 1978 e Carlo ha 26
anni quando arriva nella città meneghina accompagnato, oltre che da
Francesca, dalla sua Trident 750 acquistata nel 1973. La mitica Frankie.
Poco dopo il suo arrivo a Milano, Carlo lascia Francesca per mettersi
con la sua (di lei) migliore amica: Patrizia. Perché vi cito queste due
donne? Perché entrambe sono amiche d’infanzia di Giovanni Cabassi che
negli anni diventerà uno dei pochi veri amici di Carlo.
Ricorda Giovanni:
“La migliore amica di Francesca è Patrizia
quest’altra mia amica e sorella di mia moglie con cui usciamo assieme
da quando eravamo ragazzini. Carlo lascia Francesca e si mette con
Patrizia con cui io e mia moglie ci vediamo ogni sera. Carlo arriva a
Milano senza lavoro ma aveva qualche conoscenza e va a lavorare per
l’agenzia pubblicitaria di Fabio Cei il cui più grosso cliente è Fernet
Branca. Un altro cliente di cui si è occupato Carlo per un certo
periodo è Omsa, il produttore di calze. Per il primo anno Patrizia e
Carlo fanno vita per conto loro. Arriva il primo windsurf a Roma e
Carlo lo porta a Milano. Qui a Milano nessuno aveva mai visto un
windsurf dal vivo e Carlo fu l’unico in mezzo al lago di Garda
quell'inverno ad usare questo nuova cosa: all’epoca in Italia il
windsurf non esisteva. Ha insegnato a Patrizia ad usare il windsurf ed è
diventato lui stesso un fenomeno sopra la tavola. Per Carlo era un modo
per scappare da Milano dove non conosceva nessuno.”
Giovanni ricorda benissimo la sera in cui ha conosciuto Carlo:
“Era la
primavera del 1980 quando una sera io e mia moglie decidiamo di andare
al teatro Carcano a vedere quel fenomeno di Jango Edwards. C’è anche
Patrizia che dice “Vi dispiace se vengo con voi con il mio fidanzato di
Roma?” E così Carlo Talamo e Giovanni Cabassi si incontrano per la
prima volta. “Ricordo che arrivò con questa Golf completamente bianca,
letteralmente colata nel bianco, cosa abbastanza normale oggi ma non
nel 1979: aveva i tergicristalli bianchi, paraurti bianchi e anche gli
specchietti retrovisori bianchi. Già da lì si capiva che era un
precursore dei tempi ed un customizzatore a suo modo. La sera dopo
Patrizia e Carlo vengono a casa mia in sella ad una vecchia Triumph
Trident, con la quale ha successivamente fatto la pubblicità della
Omsa, moto che si chiamava Franky in onore della Francesca (la
precedente fidanzatina). Arrivano in moto, io sento il rumore della
motocicletta mi affaccio alla finestra e dico a Carlo “Ma hai la
motocicletta?” – “Perché anche voi avete la motocicletta?” - “Noi siamo
malati di motociclette!”
Nella e-mail con la quale ricevo la foto che vedete qui sotto, Giovanni
mi scrive:
"eccoti una foto scattata alla tenuta La Campana, Asciano,
Siena, nell'estate 1980. Il posto, un cocuzzolo in cima ad un poggio,
lo chiamavamo "via col vento" per intrinseche caratteristiche che
facevano sì che a volte, da lì si "vedesse" fino al mare..... beata
gioventù!! Comunque Frankie è la prima della fila, con buffo cupolino
Le Mans, priva di frecce anteriori e, naturalmente di Stop per non dar
riferimenti al nemico. Segue Ghertrud, un 75/6 che allora era la mia
moto, poi la Trident del nostro amico Saverio ed un pezzetto di Honda
CB500 di Felice."
1980 - In primo piano "Franky" la Triumph Trident di Carlo, a seguire
"Ghertrud" la BMW 75/6 di Giovenni Cabassi che ringrazio per la foto!
Primissimi anni '80 - La pubblicità per la Omsa crata da Carlo.
In posa
la sua Triumph Trident "Franky" (Grazie a Giovanni Cabassi per la foto)
"Con Carlo è nato un affetto forte subito: con il fatto che eravamo gli
unici che conosceva ad andare in giro in motocicletta ed il fatto che
Patrizia era nostra amica da sempre, Carlo ha trovato da noi un
ambiente familiare. All’epoca non era messo bene con i soldi e viveva
in un piccolo appartamento in viale Piave pagato dalla mamma. Io quando
potevo gli davo qualche lavoro (tipo cartelle stampe da sviluppare) ma
soprattutto gli ho dato un luogo dove giocare con le motociclette. Da
quando Carlo è sceso in garage la mia auto non è più stata al coperto:
il mio garage è diventato la sua officina."
Carlo trascorre i primi anni a Milano tra lo studio pubblicitario di
Fabio Cei (di Carlo una campagna per Omsa ed il nome "Prince" coniato
per un nuovo biscotto di una famosa casa dolciaria) ed il garage di
Cabassi dove lavora sulle Triumph (parliamo delle vecchie Triumph di
Meriden): a chi voleva una vecchia Triumph, Carlo la cercava, la
metteva a posto e le modificava secondo l’esigenza del “cliente”.
All’epoca scriveva anche qualche articolo per motociclismo: si faceva
dare le moto in prova, le teneva qualche giorno e poi inviava
l’articolo alla rivista. Se cercate in qualche vecchio numero di
Motociclismo (tra il 1978 ed il 1983) potreste imbattervi in qualche
articolo scritto da Carlo.
Fine anni '70 o primi anni '80: un articolo firmato da Carlo pubblicato
in una rivista sconosciuta (grazie a Giovanni Cabassi per la foto)
Giovanni ricorda.
"Ogni tanto passava per Milanofiori con le moto "di
Motociclismo". Mi chiamava prima per dirmi di affacciarmi alla
finestra: voleva mostrarmi la moto che aveva in prova. Un giorno è
venuto con una Electra Glide (siamo nel 1981/1982), sono scappato
dall’ufficio, salito in moto e ce ne siamo andati in giro tutto il
giorno… non ci sembrava vero. Un'altra volta ero in vacanza a
Courmayeur, Carlo mi telefona e mi dice "Vengo su per il capodanno… che
dio me la mandi buona perché ho il ducati in prova!"... mi raggiunse in
montagna con le strade ghiacciate in sella ad una Ducati bianca! Per me
Carlo è stato il fratello grande che non ho mai avuto. Il mio primo
figlio è nato lo stesso giorno di Carlo: lui era già in famiglia siamo
rimasti legati fin dall’inizio da segnali strani."
Carlo arriva quindi da Roma con una Triumph Trident, ma quand'è che
entra in possesso della sua prima Harley-Davidson? Anche a questa
domanda Giovanni Cabassi sa rispondere:
"Una sera, mentre ero in
America per lavoro, era il 1982 se non ricordo male, Carlo mi chiama e
mi dice “tu non immaginerai mai cosa ho nel (tuo) garage” “Ho la
meravigliosa Sturgis!”. All'epoca a Milano c'era una Sturgis in vendita
presso il concessionario di Alfredo Milani (l'ex-pilota). Carlo e
Giovanni (ricordiamo allora rispettivamente di 29 e 23 anni) più di una
volta erano andati a vederla in vetrina sognando di poterla acquistare
e guidare. Ebbene Carlo aveva appena acquistato da Roberto Crepaldi
proprio una Sturgis nera uguale a quella che tanto avevano sognato!
Questa è stata la prima H-D di Carlo che ancora oggi (2010) è nel
garage di Liliana (la moglie di Carlo)."
NASCITA DELLA NUMERO UNO - INIZIA IL MITO HARLEY-DAVIDSON IN ITALIA
Nel 1983 Carlo conosce Roberto Crepaldi e Max Brun con i quali fonderà
l'anno successivo la Numero Uno. Fra i vari compiti a lui affidati
nell'agenzia pubblicitaria di Fabio Cei, quello più importante, nel
senso che gli cambierà la vita, è portare in officina per i tagliandi
la Ferrari Daytona del titolare! L’allora importatore per la Lombardia
delle mitiche auto di Maranello era il padre di Roberto Crepaldi,
futuro socio di Carlo e appassionato motociclista.
(Grazie a Fish per la foto)
Durante queste visite in officina i due fanno conoscenza e si scambiano
idee sul mondo delle motociclette. Destino vuole che la stessa officina
era frequentata da un altro appassionato di Ferrari e di motociclette:
Claudio Castiglioni, che con il fratello, era proprietario della Cagiva
ed importatore delle Harley-Davidson in Italia. Da cosa nasce cosa… i
fratelli Castiglioni volevano sbarazzarsi del marchio americano e così
per 90 milioni delle vecchie lire cedono a Carlo, Roberto e Max
l’importazione delle HD e vendono loro il vecchio magazzino ricambi. A
tal proposito Giovanni Cabassi ricorda:
"L’acquisizione
dell’importazione della HD era subordinata all’acquisto del magazzino
ricambi. Castiglioni disse "se mi ritirate il magazzino vi do
l’importazione". Si trattava di un ammasso di vecchi “rottami” raccolti
negli anni e quasi senza valore. Ricordo bene perché ho aiutato io
stesso Carlo a sistemare il magazzino non appena arrivarono le casse a
Milano.”
Maggio 1984 da Motociclismo: Le nuove HD con motore Evolution V2.
Uno dei motivi di successo della Numero Uno
Nel 1984 i tre giovani soci non avevano il capitale necessario per
pagare Castiglioni e costruire la prima officina: saranno infatti i
genitori di Roberto Crepaldi e soprattutto Max Brun a finanziare
l'avventura.
Max Brun, Carlo Talamo e Roberto Crepaldi: i soci fondatori della Numero Uno
Pubblicità tratta da Motociclismo Ottobre 1984 con il futuro numero di telefono della Numero Uno.
Nasce così il 26 giugno del 1984 la Numero Uno, con sede in un
negozietto di un paio di vetrine all’angolo di via Fioravanti e via
Niccolini, zona Paolo Sarpi sede della vecchia officina Ferrari di
Crepaldi, ora diventata la China-town milanese. Sarà la prima
concessionaria Harley-Davidson d’Italia. Il nome del negozio nasce da
quel 1 che era il marchio di Harely Davidson a quei tempi.
L'inaugurazione del negozio avviene del gennaio del 1985 sotto alla più
grande nevicata di sempre di Milano.
Le prime pubblicità Harley-Davidson della Numero Uno riportano ancora il marchio della Cagiva di Castiglioni:
Aprile 1985 da Motociclismo: una delle prime pubblicità della Numero Uno con il marchio Cagiva (in basso a sinistra)
Notate la bellezza della foto, solo un dettaglio eppure inconfondibile.
A proposito della pubblicità qui sopra riportata (una delle prime della
Numero Uno) Giovanni Cabassi ricorda:
"Si tratta delle primissime
pubblicità (si riferisce anche a quella della Husqvarna riportata più
sotto – n.d.r.), prima ancora di quelle con la faccia di Carlo.
Avevamo, per l'occasione, scelto di non far vedere neppure il nome sul
serbatoio, una sorta di mistero..... L'Harley rossa era la sorella
della mia Softail nera, le prime ed uniche Softail 1985 arrivate in
Italia. La "rossa" è ora alla Numero Uno con la veste che Carlo
le diede nel 1987: la Softail rossa della foto è poi diventata "la
giallona". Carlo la usò per alcuni anni. Dopo la sua morte l'acquistò
Franco Della Valle, un nostro vecchio amico; due anni fa Giovanni Valla
la ricomperò da Franco e la rimise, al suo posto, all'interno della
Numero Uno dove adesso si trova."
Motociclismo Aprile 1985: prima citazione che ho trovato sulla Numero Uno s.r.l.
All’inizio dell’avventura la Numero Uno di Milano non era l’importatore
unico delle Harley-Davidson per l’Italia, ma in poco tempo Carlo e soci
riescono ad ottenere l'esclusiva. Qui sotto riporto due pubblicità
tratte da Motociclismo: quella a sinistra del 1985 è di un
concessionario slegato dalla Numero Uno di Milano, mentre in quella a
destra del 1986 la Numero Uno si definisce "importatrice esclusiva per
l'Italia":
1985 - Importatore HD esterno alla Numero Uno
|
1988 - Numero Uno: importatore esclusivo |
Quante furono le prime Harley-Davidson ad arrivare a Milano? C'è chi
racconta di otto motociclette, mentre in un vecchio articolo del
corriere ho trovato queste righe:
"Si narra che all’inizio la Numero
Uno importò cinque moto a Milano: per cinque amici. E’ la prima banda.
Weekend, ritrovi in trattorie fuori porta. Poi ne importarono altre
cinque. La banda sale a dieci… e così via." I primi anni della Numero
Uno sono quelli "pionieristici" quelli che Carlo ricorderà sempre come
gli anni più belli
"in cui la Numero Uno era tutt'uno con me".
Una preziosa testimonianza dei primissimi tempi della Numero Uno arriva
direttamente da Carlo Talamo attraverso le parole scritte in “Cilindri,
Bulloni & Facce” il bellissimo libro fotografico pubblicato con
l’amico Giovanni Cabassi. Si tratta di un libro che raccoglie 50
ritratti di motociclette e loro proprietari: sono quasi tutti ritratti
dei primi clienti della Numero Uno. Approfitto per ringraziare di cuore
Giovanni Cabassi che mi ha regalato una delle ultime copie rimaste.
Nell’introduzione Carlo scrive:
“Così, un giorno, davanti alla noia del
mondo che vedevo attorno e davanti agli interrogativi che si
accumulavano (non risolti) nella mia mente presi una decisione: comprai
una Harley. Nera, lunga e rumorosa come una locomotiva. E decisi per un
avvenire assieme a lei. Ed insieme a due soci con i quali, soli contro
tutti, aprii un giorno di cento anni fa (2 gennaio 1985) un negozio di
Harley-Davidson. Così ho cominciato io: con il cuore e con i debiti e
due soci che mi volevano bene… “
“Aprii la porta di questo negozio in un gennaio, con due metri di neve
sulla strada, niente male per un inizio, e le poche persone che
entravano chiedevano immancabilmente le stesse cose. ‘Ce l’ha la marcia
indietro?’ e poi ‘ Come sono belle, peccato che la fabbrica è fallita’
e ancora ‘ Come sono restaurate bene, chissà quanti anni hanno'. Ed io
mi sentivo come se stessi parlando americano nel centro della Piazza
Rossa. E rispondevo come in un disco: no, non ha la retromarcia, guardi
che l’Harley-Davidson non è fallita, non sono restaurate e non sono
vecchie. Sono nuove.
Per tre mesi. Tutti i giorni. Poi vendetti la mia prima Harley. Tremavo
nel compilare il contratto: se c’era uno disposto a spendere venti
milioni per una Harley allora non ero solo. Poi, timidamente, arrivò un
altro ed un altro ancora. Oggi (1986/7) sono in tanti e me li ricordo
tutti."
Maggio 1985 da Motociclismo: Primo raduno Numero Uno
Biglietto da visita (grazie a Thomas)
La passione dei tre soci per le motociclette tassellate porterà alla
neonata Numero Uno a commercializzare anche le svedesi Husqvarna. Durò
pochi anni l’avventura con la casa svedese, ma fu intensa. Dice Brun:
”Non mancarono i colpi di genio: la pubblicità pensata da Carlo con il
solo particolare di sella e serbatoio a doppia pagina, o i bozzetti
della moto con serbatoio nel codino erano avanti anni luce” (tratto da
Rider nr.20).
Gennaio 1985 da Motociclismo: Pubblicità Numero Uno Husqvarna (foto di Giovanni Cabassi come indicato in alto a sinistra)
Nel 1985, Carlo chiede alla casa madre di preparargli una moto da cross
personalizzata con la quale lui, assieme a Max Brun, parteciperanno al
Rally di Sardegna. Si tratta di una Husqvarna CR 250cc due tempi con
doppio serbatorio benzina:
1985 - Husqvarna CR 250 - Rally di Sardegna Talamo & Brun
Dei tre soci, Carlo fu quello che probabilmente più degli altri
contribuì al successo dell’impresa. Si installò nel negozietto e iniziò
a vendere quelle – allora – invendibili moto. Per imporle nuovamente
all’attenzione del pubblico, impiegò tutte le sue doti di comunicatore.
Avendo alle spalle un’esperienza di pubblicitario decise di mettere
inizialmente la sua faccia in tutte le inserzioni pubblicitarie per
Harley-Davidson, che impostò abbinando se stesso alle immagini delle
moto. Anziché mettere dati tecnici su cilindrate, velocità o altro,
inserì come copy dei testi equiparabili a poesie che evocavano le
sensazioni e la gioia di andare in moto.
Nel primo anno della Numero Uno, Carlo frequentava abitualmente la casa
di Cabassi: cenava lì quasi tutte le sere. Giovanni non
era socio della Numero Uno ma ha comunque potuto vivere i primissimi
tempi della società in prima persona, discutendo e chiacchierando con
Carlo ogni sera davanti ad un piatto di minestra:
“Come facciamo le
prime pubblicità?” –
“Facciamole senza marchio!” E da lì nacquero le
prime famose pagine pubblicitarie della Numero Uno.
Questi straordinari ed insoliti testi adagio adagio catturarono
l’attenzione di tutti gli appassionati di moto (e non solo delle
Harley-Davidson).
Carlo e la sua Sturgis 1340 in una pubblicità degli anni '80 (grazie a Mirco Monari per la foto)
C’è da dire che Carlo ha anche avuto la fortuna di prendere
l’importazione Harley-Davidson nel momento in cui la fabbrica aveva
deciso di cambiare tutto: nuovo motore Evolution, nuova strategia di
marketing per rilancio mondiale con claim “Proud to be American”. Tutto
questo ha coinciso con la sua capacità straordinaria di comunicare ed
il boom economico che stava vivendo “la Milano da bere” di quegli anni.
Ci furono poi personaggi famosi che si innamorarono delle
Harley-Davidson e che furono testimonial importanti: si pensi a
Jovannotti e alla sua canzone dedicata alla "sua moto".
Una testimonianza raccolta sul forum di www.webchapter.it riporta:
Personaggio controcorrente dotato di rara fantasia, estro e certamente
di intelligenza superiore, Talamo intuì che per vendere un marchio
ormai morto, sotto forma di moto obsolete piene di difetti e che
"costavano come un appartamento", bisognava posizionare il prodotto in
maniera alternativa.
Essendo all'inizio, se non erro nel 1984, Talamo agì sulla leva del
prezzo e sull'esclusività, per tentare di vendere sulla piazza di
Milano, le prime poche e timide HD. Conoscendo molto bene le leve del
marketing e la testa degli appassionati meneghini, puntò proprio sulla
rarità e sulla diversità della moto HD; non solo iniziò (sosteneva per
mancanza di mezzi economici, ma io non ci credo) a creare le prime
campagne pubblicitarie dedicate alla carta stampata, fatte anche solo
di testo (le famose poesie), ma ebbe la fortuna di solleticare la
fantasia di molti opinion leader e/o personaggi dello spettacolo che
comprarono una HD diventando involontari ma entusiasti testimonial
(vedi anche il libro Cilindri,bulloni&Facce).
La fortuna si materializzò sotto forma di un nuovo motore, l'EVO che
conferì a HD una nuova vita e una dignità di mercato molto più
accettabile. Un successo, la strada divenne in discesa. Da qui
l'escalation strepitosa. Concessionarie in tutta Italia, l'invenzione
dei raduni pallequadre con lui, certamente eccentrico-egocentrico,
sempre in primo piano.
Non solo: l'avventura come importatore Rolls Royce/Bentley (lì fu
troppo avanti sui tempi) e Triumph, con la quale, seppure con modalità
differenti, confermò il successo precedente di HD.
La mia attenzione si rivolgeva alle special che realizzava per se
stesso; moto sempre interessanti e piene di spunti intelligenti e
originali.
Non dimentico ad esempio che a lui si deve la creazione del Softail
Night Train. La moda del total-nero opaco anche sulle auto: ricordo una
Rolls Silver Shadow almeno 15 anni fa, fece scalpore e orrore! Oggi si
verniciano anche le Ferrari nuove così. Raccontare tutta la storia qui
sarebbe troppo lungo.
Io ammiravo tanto Talamo per il coraggio di essere controcorrente e
bastian contrario, ma anche per la straordinaria concretezza
imprenditoriale unita a una passione per auto e moto, difficilmente
riscontrabile ai giorni nostri.
Riprendo dall'affermazione quotata qui sopra: "SE HAI I SOLDI TI
COMPERI L'HARLEY ALTRIMENTI NO.." Affermazione allora inevitabile e a
mio avviso sacrosanta. Io avrei detto la stessa cosa. Sarebbe come oggi
affermare: "Se vuoi un Chrono Richard Mille, paghi! Altrimenti indossa
pure uno Swatch !" All'inizio Talamo fece benissimo a posizionare HD
nell'ambito dell'esclusività; il fenomeno dopo pochi anni gli esplose
tra le mani e variò di conseguenza anche la strategia commerciale.
Monegasque
|
1985 - Salone di Milano - La Numero Uno conta di vendere nel 1986 un centinaio di Harley-Davidson
La sua prima concessionaria, la Numero Uno Milano, dal piccolo negozio
di cui abbiamo parlato più sopra si trasferisce in una bellissima sede
in via Niccolini; dalle poche moto vendute nel primo anno di attività
(una quindicina) negli anni è diventata negli anni una delle più forti
concessionarie del mondo.
Carlo Talamo, grazie alla sua passione e alle doti di comunicatore,
riuscirà trasformare le Harley-Davidson, fino ad allora considerate
anacronistiche, in un vero status symbol. Dal mondo delle Ferrari da
cui proveniva Roberto Crepaldi, la Numero Uno ha importato la formula
del negozio monomarca, la cura nell'arredamento caratterizzando così
con uno stile ben preciso le concessionarie. Oggi questo è normale ma
nel '84 era assolutamente innovativo.
Numero Uno in via Niccolini
La concessionaria Numero Uno Milano è andata al di là di qualsiasi
aspettativa e pronostico, riuscendo a essere per cinque anni
consecutivi “best dealer in the world”, incrementando il mito del
marchio di Milwaukee e contribuendo, grazie alle idee di Carlo, alla
progettazione di alcune motociclette, come la Night Train e la Buell S1
Lightning. Dalle 15 motociclette vendute il primo anno si passa alle
800 del '90 ed alle 1900 del '92.
Nel 1989 in occasione del salone motociclistico di Milano, Carlo Talamo
intervistato da Motociclismo dice:
"La nostra assegnazione '89 era di
500 pezzi, a maggio li avevano già venduti tutti."
Dopo la prima Numero Uno di Milano, apriranno altre “Numero Uno” a
Savona, Mantova e via via in tutta Italia. Agli inizi degli anni '90 si
decide di ampliare la rete vendita creando le officine "Americana"e
successivamente le "Americana Sport" dedicate alle Sporster.
Da una pubblicità del 1989
Marco Marchisio ricorda così la nascita del nuovo canale di vendita:
"Un'altro passo che lo spinsi a fare, fu quello di ampliare la rete:
l'Italia non poteva avere una dozzina di concessionarie. L'Italia è
grande, e non capivo perché un sardo che voleva un Harley, doveva
andare a Roma o a Savona o Genova per acquistarne una! Perché non fare
qualcosa a Cagliari o in qualche altra città della Sardegna? Qui CT
aveva un bel po' di resistenze, perchè costruire una Numero Uno
significava, per chi si impegnava, spendere un bel po' di soldi in
arredi (tutti uguali e costruiti dal suo mobilificio di fiducia) e
menate varie. Allora qui CT ebbe una buona idea: pensò di realizzare
una specie di "sottorete" con minori pretese e "più economica", e
nacque la rete "AMERICANA".
Originariamente le Americana dovevano dipendere dalle concessionarie
Numero Uno (essere cioè delle subconcessionarie), ma questo non
funzionava, perchè le concessionarie Numero Uno non ci tenevano gran
che a dare le loro motociclette a qualcuno che finiva per far
concorrenza a loro. Lo sconto che potevano praticare non era
remunerativo nè per loro nè per la Americana. Così decidemmo di
risolvere la situazione facendo in modo che Numero Uno e Americane
coesistessero, ma in relativa concorrenza.
Se la Numero Uno doveva spendere - diciamo 1000 - per diventare Numero
Uno, questo le garantiva loro uno sconto del 16% sulle moto acquistate
e un trattamento migliore per ricambi ed accessori; contemporaneamente
una Americana, per diventare tale doveva spendere - diciamo 500 - per
arredarsi, attrezzarsi ecc. ecc; però aveva uno sconto inferiore sulle
moto e su ricambi ed accessori.
Con questa mossa la rete in breve si raddoppiò, e qualche parallelo
decise di entrare nell'ufficialità, abbandonando il mercato illegale
(moto importate dagli USA o da altre nazioni...). Accadde presto che
qualche Americana divenne addirittura più forte di qualche Numero Uno
grazie all’abilità del suo gestore."
Successivamente la rete vendite si espande con il nuovo marchio Americana Sport dedicata alla piccole Sportster:
Pubblicità America Sport Carlo Talamo (Grazie ad Asky)
Carlo Talamo ed i suoi giocattoli
Un mix di fiuto, senso del marketing, conoscenza del settore e
immedesimazione nel cliente ha portato la sua azienda a rappresentare
uno dei più grandi successi Harley-Davidson nel mondo.
NASCITA DELLA NUMERO TRE: TORNANO LE TRIUMPH IN ITALIA
Nel 1991, un anno dopo la rinascita della Triumph di Hinckley, Carlo
Talamo ed i storici soci Crepaldi e Brun, diventano l’importatori
ufficiali del marchio inglese fondando la Numero Tre e aprendo il primo
negozio Numero Tre sempre in via Niccolini. La commercializzazione del
marchio inglese inizierà nel febbraio del 1992 (anche se potranno
essere immatricolate solo dopo l'omologazione avvenuta nell'aprile
dello stesso anno). Potete approfondire la storia della Numero Tre in
questa pagina.
Con la fine del 1991 la Numero Uno si trasferisce ad Arese:
1991 - Lettera di Carlo Talamo in cui si parla del trasferimento ad Arese
Un articolo tratto dal numero di Agosto del 1992 della rivista AutoOggi
ci da una fotografia dell'area racchiusa tra Via Niccolini e Via Sarpi,
centro delle socità di Carlo (tra cui il mitico ristorante "Al vecchio
Porco"):
1992 - Un articolo sulle società di Carlo Talamo, tra cui la Numero Tre (grazie a Fish per l'informazione)
Numero Tre in via Niccolini
Nel 1993, molto concentrato sulle Triumph, Carlo si affida ad uno
stimato pubblicitario milanese per creare le pubblicità
Harley-Davidson: fu un mezzo disastro tanto che dopo "duecento lettere
di lettori incazzati per la banalità delle pubblicità" torna a scrivere
i testi da solo.
Carlo spendeva tanto soldi, ma molti di questi venivano reinvestiti
nelle sue società. Un esempio è la mensa della Numero Uno allestita nel
capannone Gialloquaranta; Marco Marchisio fu autorizzato a spendere una
“barca di soldi” per arredare il locale: armadi, fornelli, frigo,
lavapiatti, congelatore, microonde, suppellettili ecc. sedie, tavoli,
posate tutto rigorosamente in giallo! Chi ha avuto modo di entrare
negli uffici di Arese rimase impressionato dalla qualità degli
arredamenti.
Nel 1994 Carlo assume alla Numero Uno l'architetto Clotilde Preioni con
l'obbiettivo di sviluppare i progetti dei locali per le concessionarie
Numero Uno, Americana e Numero Tre. Oltre a questo Clotilde si occupava
anche di seguire i vari ampliamenti dei locali di Milano e di Arese fra
cui l'ufficio di Carlo. Qui sotto
"Uno schizzo mio con un appunto di
Carlo, fatto per il suo ufficio nel capannone Numero Tre / Triumph di
Arese":
Schizzo ufficio Carlo
Ricorda Clotilde: "Ho lavorato in Numero Uno tra il 1994 e il 1995
circa. Un periodo breve ma intenso in cui l'attività di Carlo era in
fase di massima espansione. |
Ho organizzato da zero un ufficio tecnico
per sviluppare i progetti delle nuove concessionarie sul territorio
nazionale.Da Carlo ho imparato molte cose ma me ne sono resa conto più
tardi. Andavamo a due velocità diverse, io sono sempre stata chiusa di
carattere e non ero molto comunicativa, lui andava "a manetta" senza
mai fermarsi ed ogni giorno c'era una novità. Era in ansia perpetua
perché voleva realizzare subito ogni suo progetto. Più di una volta mi
ha detto: 'a Clo, io voglio vedé tutto finito subito perché posso anche
morì tra 'na settimana."
|
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1994 - La concessionaria di Roma con un nuovo spazio dedicato alle Triumph (grazie a Clotilde Preioni per le foto)
Relativamente alle foto della concessionaria di Roma qui sopra
riportate, Clotilde scrive: "Le ho scattate a fine lavori, credo fosse
il 1994. Il tema era fare ordine in officina creando un angolo per
l'esposizione delle moto. Il muro in mattoni l'avevamo fatto costruire
ex-novo per creare un ripostiglio dove mettere tutto quello che dava
fastidio. Era stato concepito come uno sfondo teatrale... per esporre
le moto avevamo fatto costruire la pedana in legno con i finti
paracarri.... La soluzione era piaciuta molto a Carlo e aveva avuto
successo."
Carlo Talamo - 1995 circa (grazie a Stefano per la foto)
Con gli anni il successo dell’azienda “Talamo” cresce: le
Harley-Davidson si vendono bene, le Triumph iniziano a decollare ed
anche il business con le auto (Rolls Royce e Bentley) sembra essere
positivo. Con la fine del 1995 questa è la situazione del gruppo di
Carlo:
- Numero Uno Italia S.p.a. sede legale Via Niccolini,33
- Numero Uno Srl via Fioravanti, 12
- Numero Uno Milano Srl via Fioravanti, 12
- Numero Uno Garage Srl via Fioravanti, 14 (sede legate Nicolini 33)
- Gialloquaranta Officina in via Fioravanti 19/21 (ex Crepaldi Auto Spa)
- Gialloquaranta Esposizione Via S.Pietro all’Orto, 11
- Gialloquaranta Negozio via Niccolini, 28
- Italiana grandi noleggi v.le Industria Arese 10/17
- Numero Tre Srl: sede legale via Niccolini, 25/A, deposito Arese viale delle industrie 10/17
- Numero Tre Srl: officina via Niccolini 25/A
- Capannoni Harley-Davidson e Triumph in viale delle industrie 10/17 ad Arese
- In via Niccolini i numero civici 29, 32, 33 sono occupati da negozi e depositi
- Roma Numero Tre – Via Spaventa 15/17 (negozio+officina) e abbigliamento in via Spaventa 28
- Roma Numero Tre – Via Aureliana 65/67/69
- Firenze Numero Tre - Via B.Montelupo, 28 A/B/C
- Firenze Numero Tre - Via B.Montelupo, 30 A/B/C
Tutte le società, compresa la Italiana Grande Noleggi, fanno capo
alla Numero Uno Italia S.p.A. che è la holding del gruppo. Il
responsabile amministrativo, che opera dietro tutto questo gran
movimento (il gruppo ha ormai più di un centinaio di dipendenti e
supera i 100 miliardi di Lire di fatturato) è Roberto Fasolini,
succeduto al rag. Giovanni, che nel 1996 ha lasciato Carlo per andare
in seminario! Roberto è colui che più di tutti gli altri collaboratori
è vicino a Carlo, per evidenti motivi. E’ il custode delle sue finanze.
E’ bello ricordarlo, perché, a seguito di un banale incidente in moto,
scompare nel dicembre del 2001.
1996 - Organigramma aziendale Numero Uno
La seconda metà degli anni ’90 sarà più difficile dal punto di vista
aziendale: seppur le vendite Harley-Davidson e Triumph siano in
crescita, il basso valore della lira rispetto alla sterlina e al
dollaro crea non pochi grattacapi alla società di Carlo.
Nel 1998, le aziende che fanno capo a Carlo necessitano di una
ristrutturazione e di una razionalizzazione per ottenere benefici sul
piano amministrativo, finanziario ed operativo. Il cambiamento si
concretizzerà con la fusione di Numero Uno, Numero Tre, Gialloquaranta
(l’importatrice per l’Italia delle auto britanniche Bentley e
Rolls-Royce che Carlo ha voluto, prendendo il posto di Achilli), e 83R
nella nuova Numero Uno S.r.l. e della Numero Uno Milano, Numero Tre
Milano e Numero Uno Garage nella Numero Uno Milano S.r.l.
Dal 25 luglio 1998 la nuova Numero Uno S.r.l. con sede ad Arese si
occupa dell’importazione di tutti i marchi di moto (Triumph,
Harley-Davidson/Buell), mentre l'altra nuova società - Numero Uno
Milano S.r.l. con sede a Milano e filiali a Firenze e Roma -
commercializza, le Triumph nei negozi con colori Numero Tre e le
Harley-Davidson/Buell nei negozi coi colori Harley (nero e arancione).
1999 - Foto scattata da Carlo al salone motociclistico di Milano
- Harley-Davidson Numero Uno (grazie a Marco Marchisio per la foto)
1999 - Foto scattata da Carlo al salone motociclistico di Milano Triumph Numero Tre (grazie a Marco Marchisio per la foto)
La gestione della Numero Uno e della Numero Tre richiedono sempre più
impegno: è un lavoro da manager che poco si addice all'accentratore che
è Carlo. Infatti in un intervista sul Corriere riporta più sotto dice:
"Sapevo che sarebbe arrivato questo momento. Non mi divertivo più. Il
futuro è fatto di metodo e formazione, parole a me sconosciute".
Carlo infatti è stanco dei problemi quotidiani derivati dalla gestione
di un'azienda (burocrazia, sicurezza, amministrazione, banche, ...) e
vuole tornare a fare quello che faceva un tempo: costruire nuove moto.
Una delle particolarità di Carlo era la sua abitudine di girare con le
superga bianche rigorosamente senza calze (anche d’inverno). Questo
fatto viene riportato un po’ ovunque quasi mitizzando questo fattoa. In
realtà durante gli ultimi inverni, su consiglio del medico, aveva
dovuto piegarsi come tutti alle leggi della natura e iniziò ad usare le
calze per risparmiarsi i dolori causati dal freddo (leggi reumatismi).
2000 in sella alla TT600... con le calze
Riporto qui di seguito una e-mail interna alla Numero Uno in cui Marco Marchisio spiega a Carlo stesso la "Sindrome di Talamo":
1999 - La sindrome di Carlo Talamo
SI CAMBIA PAGINA
Nel 1999 Carlo inizia la trattativa con l’HD per la vendita della
Numero Uno ed allo stesso tempo è in trattativa con la Rolls Royce per
chiudere l’avventura G40 (con la quale perse un mucchio di quattrini).
E’ un periodo in cui Carlo è sotto stress come lui stesso scrive in una
e-mail interna del 25-01-2000:
“Se io guardassi alle centinaia di
delusioni umane che ho sopportato durante gli ultimi anni ti assicuro
che sarei diventato una persona di merda. Fortunatamente continuo a
mettere tutta la mia energia per combattere una guerra che pochi in
questo paese vogliono combattere: guidare, in Italia, un’azienda fatta
di italiani. E guidarla con tutta la correttezza e tutte le palle che
sono capace si mettere a disposizione. Di più non posso. Ogni tanto, lo
confesso mi viene da piangere e da far le valigie. Di arrendermi. Poi,
il giorno dopo risalto su. Però è durissima” firmato “Carlo (che non è
stanco, è molto stanco. E non può lamentarsi con nessuno).”
Relativamente alla vendita della rete Numero Uno alla Harley-Davidson, Marco Marchisio ricorda:
"L'Harley ha cominciato ad entrare direttamente nei vari mercati dal
1990 in poi man mano che il business europeo si espandeva. CT sapeva
che prima o poi sarebbero arrivati anche in Italia. Per questo ad un
certo punto si rese conto che la rete che stava costruendo "alla
Talamo" - cioè basata sulla stretta di mano tra lui e il gestore della
concessionaria nelle varie sedi era estremamente fragile. Le varie
Numero Uno Bologna, Bolzano, Brescia, Genova, Savona, Padova, Palermo,
Napoli ecc. non avevano alcun legame ufficiale con lui." e ancora:
"Carlo capì che nel momento in cui Harley si fosse fatta avanti, doveva
avere in mano una "vera" organizzazione commerciale che dipendesse al
100% da lui, e non che fosse libera di acquistare direttamente da
Harley se Harley lo avesse messo da parte. Fu il momento della svolta e
in breve riorganizzammo tutto. Preparai un contratto di franchasing che
ogni concessionario fu obbligato a firmare, e che lo legò direttamente
alla Numero Uno … omississ … Quando la rete Numero Uno fu pronta, CT
seppe che se Harley veniva in Italia, avrebbe dovuto comunque passare
attraverso di lui per avere una rete di vendita."
"Quando HD fece pressing su CT per entrare in Italia, CT disse: bene,
se volete entrare, io ho la miglior rete di Concessionarie monomarca
che voi possiate desiderare. Quanto offrite? Naturalmente HD offrì
poco, e CT disse che, siccome la rete di vendita era sua, se HD voleva,
poteva farsene una nuova. Capisci che una rete di vendita non si
improvvisa, nè HD poteva vendere direttamente alle nostre
concessionarie scavalcando Carlo, perchè le Concessionarie erano legate
a noi da un contratto.
HD aveva fretta di entrare nel nostro mercato, e siccome CT non mollava
dopo un anno di trattative sempre più serrate, il 1° Ottobre 2000, HD
firmò e acquisì tutta l'organizzazione Numero Uno (Arese e rete Numero
Uno, Americana e Americana Sport). Ricordo che la riunione di
presentazione dell'HD alla rete era fissata in un albergo sul
LagoMaggiore, e CT e HD finirono di siglare le pagine dell'accordo di
cessione qualche ora prima passando tutta la notte a chiudere la
trattativa.
CT incassò un bel pacco di soldi (tanti) ma se li era guadagnati
veramente, e se HD pagava, significa che l'affare valeva la pena di
essere fatto."
Il 2 ottobre 2000 Carlo vende la Numero Uno S.p.A. alla Harley-Davidson:
Dal Corriere della Sera - Corriere Economia - di Puato Alessandra - 09-10-2000
Carlo Talamo cede la Numero Uno. Nasce ad Arese la Harley-Davidson Italia.
Mr. Harley addio, arriva lo yankee. Quel che mancherà di più saranno le
sue pubblicità. Quelle pagine nere battute a macchina con la sua firma
e il suo joyciano stream of consciousness a dilagare sopra la foto
della motocicletta. Come quella del modello Fat Boy: «Quand' ero
piccolo abitavo in una grande casa che stava lontano da qui. Alle volte
ero felice. Alle volte no. Nella mia camera c'era un armadio. Ne avevo
sgombrato una piccola parte. Ci avevo messo dei cuscini...» e avanti
così per 33 righe. Nessuno yankee potrà fare lo stesso. Da novembre le
pubblicità della Harley saranno più istituzionali. Più normali. Senza
personalismi. Senza foto con orsetto di peluche e scritta: «Fidatevi di
quest' uomo». Senza appelli del tipo: «Caro lettore, comprati una moto.
Quella che ti piace. Per favore». Senza firma Carlo Talamo.
Perché Carlo Talamo non è più mister Harley Davidson in Italia. Non è
più lui, lo scapestrato e agiato scapolone che ebbe il fegato di
cominciare a importare in Italia le Softail, le Dyna Glide, le 883 nel
1984, quando nessuno credeva che qualcuno le avrebbe mai comprate, il
padrone della Numero Uno, la concessionaria Harley che nel '92 divenne
la più forte del mondo. Il quarantottenne che nella lettera d' addio ai
suoi 47 rivenditori scrive: «Nei miei sogni c' era la costruzione di
un' impresa che non avesse più fine» ha venduto tutto agli americani.
Ha ceduto la mitica Numero Uno alla Harley Davidson Inc. La stessa che
il 27 settembre '85, quando gli diede l'o.k. via telex per cominciare,
se proprio ci teneva, a importare le sue motociclette, gli disse che
«non c' era tempo per incontrarlo di persona».
Dal 2 ottobre esiste una Harley Davidson Italia, controllata dalla
Harley Davidson Europe, controllata dalla Harley Davidson Inc. Ha sede
ad Arese, negli uffici che furono di Talamo (che comunque resta
proprietario dei negozi di Roma, Firenze, Milano e Savona). Sono tutti
in disordine. Mister Michael Van Der Sande ha il compito di portare i
computer e il Grande Ordine. Gran sorriso e «tu» a tutti, è il
direttore dei mercati di distribuzione della Harley Davidson. L'ha
inviato qui la casa madre per guidare la transizione, in attesa di
nominare un amministratore delegato (magari italiano). «Era il momento
giusto per venire in Italia - spiega -. La società stava crescendo in
fretta, servivano capitali e grande organizzazione. Quando 18 mesi fa
Carlo ci disse: è da 15 anni che faccio questo lavoro, voglio cambiare,
ci è sembrata una grande opportunità. Rafforzeremo il marchio».
Perché il mercato ormai, grazie a Talamo, è aperto; perché in Italia la
Harley Davidson (quotata a Wall Street dall' 86 e in impennata fino al
' 99) vende ormai 2.500 moto all' anno, che moltiplicate per un prezzo
medio di 25 milioni fanno 62,5 miliardi ogni 12 mesi: un gruzzolo che
secondo la Harley (si dice) potrebbe persino raddoppiare; e perché l'
Europa è in testa alle strategie di espansione della Harley Davidson:
un' azienda che fattura all' estero (dati ' 99) solo 1200 dei suoi
complessivi 5 mila 600 miliardi, che nel Vecchio Continente ha una
quota di mercato di appena il 6,5% e che non a caso sta cambiando le
sue moto per adeguarle all' european style.
Cioè a un motociclista che ama andare forte, non saltellare sulla sella
e piegare in curva: e il motore Twin Cam 88B della Softail è stato
appena rifatto per bilanciare le vibrazioni, il telaio è stato
«irrigidito del 34%» e la cinghia di trasmissione della Dyna Glide è
stata resa «più robusta per contenere eventuali aumenti di potenza».
«In più punteremo sul marchio Buell, rilevato tre anni fa», annuncia
Van Der Sande. Vale a dire su una moto sportiva, concorrente di Bmw,
come piace agli europei. Moto che per di più dall' anno prossimo, come
la Harley, potremo comprare anche a rate: perché gli americani hanno
una finanziaria interna.
A differenza di Carlo Talamo. «Sapevo che sarebbe arrivato questo
momento - dice questo inusitato figlio di papà che ha importato anche
le Rolls Royce e le Bentley prima che la Volkswagen le fagocitasse e
che, con la sola licenza media, è riuscito a fare dell' Italia il
secondo mercato Harley Davidson in Europa - Non mi divertivo più. Il
futuro è fatto di metodo e formazione, parole a me sconosciute».
Esagera.
Negli uffici di fianco agli yankee continua infatti a lavorare: gli è
rimasta da guidare la Numero Tre, la sua società che importa le
Triumph. «Voglio diventare il più forte venditore di motociclette di
grossa cilindrata in Italia», dice. Ma si capisce che, anche se indossa
il giubbino della Triumph, appende ai muri spogli le foto delle Triumph
e ha appena lanciato una campagna Triumph che urla: «È tornata sua
maestà», pensa ancora all' Altra. Perché si tradisce: «I grandi amori
finiscono. Dovrei soffrire?»
|
Per aiutare a capire la tensione che può aver vissuto Carlo nella
vendita della Numero Uno può essere utile leggere un paio di sue e-mail
interne dopo l'annuncio della riunione del 15 settembre 2010 ai
concessionari nella quale verrà annunciato il passaggio della rete
vendita alla HD:
E-mail di Carlo
06-09-2000:
"Caro Marco grazie per le intenzioni della tua predica (…). In ogni
caso non verrò. Non mi sento. E non sono in grande amore con l’Harley.
E non mi piacciono gli editti. Mi piace provare con il tempo la bontà
delle intenzioni. E non piace neanche l’atteggiamento di alcuni
concessionari. E nemmeno di alcuni ex dipendenti. Uso questa parola
perché mi hanno convertito a pensarla così. No, non sono amareggiato.
Sono arcifelice di iniziare una nuova vita. E come sai ho accettato
stortocollo la proposta HD a condizioni di potere uscire al più presto
dall’infame atmosfera di arroganza, incapacità, irriconoscenza, e
ottusità nella quale ho navigato per gli ultimi anni. Sono così. Fa
parte dei miei limiti. Tu hai fatto molto per farmi crescere e per
equilibrarmi. Ed ha raggiunto risultati dei quali ti sono grato. Ma
ogni tanto sento il bisogno di ridiventare il Carlo di una volta e fare
quello che mi pare invece di quello che devo. Ti abbraccio forte.
Carlo."
08-09-2000:
"Caro Marco, grazie per la tua predica. Hai ragione. Hai veramente
ragione. Capisco quello che dici. E condivido quello che dici. E non
avevo pensato alla gran parte delle cose che dici. Anzi, non avevo
pensato a niente. La realtà è che mi frega poco di quello che pensano
gli americani, o i concessionari o gli associati o i dipendenti. Ho la
certezza che la saggezza popolare funziona bene nel lungo periodo. E
dopo un po’ di tempo resterà (oppure non resterà) un ricordo di me e di
come sono stato e di come ho agito. La natura di questo ricordo sarà
l’unica verità. Ed io accetto fin d’ora e senza riserve il giudizio che
le persone naturalmente, emetteranno. Io stesso non so dirti che
ricordo potrei avere di me. Ma poi, alla fine, non mi frega. Io, da
bravo egocentrico, non riesco a vedermi con gli occhi degli altri, ma
solo con i miei. E i miei occhi dicono che mi sono comportato bene. Che
ho fatto il mio meglio per essere il più bravo che so essere. Il resto
sono soltanto sfumature che il tempo si porta via. E poi sono
abbastanza abituato ad essere rivalutato postumo. Forse succederà anche
stavolta. O magari no. Comunque i tempi dell’Harley, dei raduni,
dell’America e delle nottate in bianco a scrivere pubblicità sono
finiti. E archiviati.
Ti abbraccio più forte dell’ultima volta. Carlo."
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2000 - Una pubblicità in cui Carlo annuncia di essere tornato alle origini in via Niccolini (grazie a Fish)
Carlo si dedica completamente alla Triumph non solo come importatore ma
anche iniziando a collaborare con la casa inglese per la definizione
dei nuovi modelli. Collaborando con la casa inglese inizia la sua
attività di "consulente": Carlo applica la sua ricetta e partendo dai
modelli di serie crea nuovi prototipi da sottoporre alla dirigenza
inglese: la Bonneville Cafè Racer, la Bonneville Scrambler, la RS.S, la
Tiger Sport e la Speed S. Maggiori informazioni nella sezione
Moto di Carlo.
2000 -
Carlo Talamo con la tristemente famosa RS telaio 100.000 (grazie a Stefano per la foto)
Nell’intervista di presentazione della Tiger Sport, Talamo scrive
"Comunque, tornando ai miei rapporti con la Triumph, ti dicevo che mi
piace molto questa mia nuova veste. Non sono stato pagato per questo
prototipo, ma mi è servito per iniziare questo mio nuovo ruolo. Ti dirò
di più: mi piacerebbe fare il consulente per più aziende. E magari,
perché no, anche italiane. Perché secondo me l’intelligenza è scesa
come la pioggia ovunque. E non solo a Milwaukee, a Hinckley e a
Mukwonago (eh eh, scommetto che ti stai chiedendo che cavolo centri, ma
è la sede della Buell). Quindi a me piacerebbe dare molto alle aziende
di moto: prima di dare, però, devi avere e io sono convinto di poter
ottenere molto da quella parte di intelligenza dei Marchi italiani."
Sistemate le Harley-Davidson e le Rolls Royce, a Carlo rimane "solo"
l'importazione della Triumph con la Numero Tre che viene venduta alla
casa inglese nel settembre del 2002 (nasce così Triumph Italia). Carlo
ora è libero da ogni impegno con le grandi case, ha un conto in banca
che farebbe invidia a chiunque (svariate decine di miliardi delle
vecchie lire) e finalmente si realizza così il suo sogno: voleva
disegnare motociclette fin dall’età di sedici anni quando tentò invano
di iscriversi ad una scuola di Industrial Design belga. Carlo ha così
la possibilità di iniziare una nuova vita.
Il 19 settembre del 2002 in una e-mail spedita a Giovanni D'Alia, concessionario Numero Tre di Palermo, Carlo scrive:
Da: Giovanni D'Alia
A: Carlo Talamo
Data: Giovedì 19/09/2002 ore 09:57
Oggetto: ecco Carlo
CIAO CARLO,
TEMPO FA , AD UNA RIUNIONE BUELL MI DICESTI UN PO' INCAZZATO CHE GLI
AMERICANI , DIVERSAMENTE DA NOI, POTEVANO METTERE IL LORO NOME NEL
SERBATOIO DELLE MOTO CHE FACEVANO E FARE UN FIGURONE, BE' MI SEMBRA CHE
UN PO' CI SEI RIUSCITO ANCHE TU!
NON SO SE UN GIORNO DI QUESTI ACQUISTANDO UNA COPIA DI MOTOCICLISMO
VEDRO' UNA MOTO CON LA DECAL " TALAMO 900 ", MA DI SICURO CI SONO GIA'
DIVERSE MOTO, ED ALTRE SEGUIRANNO , CHE NON SAREBBERO MAI NATE SENZA DI
TE.
CON QUESTO CONCLUDO AUGURANDOTI UN FUTURO PIENO DI NUOVE MOTO E
RINGRAZIANDOTI PER LA FIDUCIA CHE HAI RIPOSTO IN ME PER TUTTI QUESTI
ANNI DI PASSIONI , TI ABBRACCIO,
GIOVANNI D'ALIA
Da: Marzia Ogna - NumeroUnoMilano.it - [marzia.ogna@numerounomilano.it]
A: Giovanni D'Alia
Data: Giovedì 19/09/2002 ore 14:20
Oggetto: ecco Carlo
Caro Giovanni, un pò di ritardo nel risponderti. Sono un pò per aria.
Non ho più ufficio ne computer. Così annaspo un pò. Roba che risolverò
in fretta.
Grazie, grazie
proprio, per avermi scritto. Ho sempre avuto affetto per te. Senza una
ragione precisa. Per istinto penso. E mi dispiace di non avere potuto
avere più tempo per te. Forse la mia immensa energia l'avevo usurata
nel costruire la rete Harley. Con Triumph ho lavorato portando sulla
groppa un pò di stanchezza. Ma ora, libero da mille problemi, sto
ritrovando salute mentale e nuova energia. Sono certo che sarò capace,
nel mio nuovo lavoro, di portare anche un pezzetto di me nel tuo
negozio, sotto forma di nuove Triumph che siano orgogliose e
desiderabili.
Ti abbraccio forte, Carlo
|
E-mail tra Carlo e Giovanni (N3 Palermo) - Grazie a Giovanni D'Alia
Un'altra sfida lo attendeva con la passione e l'entusiasmo di sempre.
Aveva intenzione di dar vita ad un centro di design per dar sfogo alla
sua straordinaria creatività. In tasca un contratto con la Triumph, ma
pensava anche ad altre Case (Guzzi?) e stava lavorando ad una futura
Laverda…. purtroppo scomparirà il mese successivo.
Carlo nella sua vita ha fatto un mucchio di quattrini ma diceva
“voglio
morire senza una lira”
nel senso che voleva spendere tutti i suoi
soldi. E’ morto ricchissimo e non è riuscito a spendere la fortuna
accumulta... e non ha neanche avuto il tempo di godersi i suoi
giocattoli, almeno non quanto avrebbe voluto.
Luigi Boga, che vende Triumph a Milano dal 1993 (fino al 2001 con Carlo
alla Numero Tre di via Niccolini e successivamente nel nuovo
concessionario in via Gorizia) si è occupato delle vendita di alcuni
dei "giocattoli di Carlo". Ad Arese, nel capannone di fronte a quelli
di H-D e Triumph, Luigi ha contato - e poi venduto - 56 automobili una
più bella dell'altra (tra cui una Ford GT40 ex-Alboreto). Per non
parlare del materiale custodito al "fortino" in via Niccolini...
13 ottobre 2002 - Una delle ultime foto di Carlo (Motocross sulle colline piacentine da www.negrottodreamteam.it)
29 Ottobre 2002
Carlo era in sella ad una delle sue Triumph (la Sprint RS nr. 100.000
Lucifer Orange) e stava percorrendo l'autostrada A12 Livorno-Genova nei
pressi di Viareggio. E’ il 29 ottobre del 2002, mancano venti giorni al
suo 50° compleanno.
Talamo era entrato alle 11,30 al casello di Livorno e stava percorrendo
l'autostrada in direzione nord, probabilmente diretto a Milano. Intorno
a mezzogiorno lo schianto: L'imprenditore non deve aver notato che - a
causa dei lavori di manutenzione alla siepe spartitraffico in corso nei
pressi dell'area di servizio «Versilia», lavori che imbottigliavano
tutto il traffico su un'unica corsia - si era formata una coda di un
chilometro subito dopo l'uscita di Viareggio. E, quando ha frenato, la
moto è schizzata prima sul guard-rail, poi è andata ad infilarsi sotto
il furgoncino della Tecno-mec, una azienda di La Spezia specializzata
in acciai speciali.
«Ero fermo in colonna alla guida del mio furgoncino
con tanto di doppie frecce accese - spiega ancora visibilmente scosso
Giacomo Regali, ventinove anni, spezzino - quando ho sentito una botta
tremenda alle mie spalle. Ho guardato nello specchietto retrovisore per
capire cosa fosse successo, ma non ho notato niente. Poi, quando mi
sono affacciato dal finestrino, ho visto la moto distrutta e il corpo
del conducente sull'asfalto».
Allertata da alcuni automobilisti di passaggio, la centrale operativa
del «118» ha immediatamente mandato una ambulanza sul luogo
dell'incidente. Ma quando il medico lo ha potuto visitare, Talamo era
già morto. Troppo violento l'impatto prima con il guard-rail e poi con
l'asfalto. E a nulla è servito anche il casco di protezione
regolarmente calzato in testa.
I funerali si sono svolti il primo novembre 2002, in una piccola chiesa
del paese di Scansano, in provincia di Grosseto, alla presenza dei
familiari, di tanti amici, dei suoi dipendenti ed ex dipendenti.
Ricordo come fosse ieri la bara con il casco bianco appoggiato sopra.
Molte persone erano presenti, ma dire il vero mi sarei aspettato di
vedere molti più concessionari. Non eravamo tanti in moto.
Ricordo la giornata umida e nuvolosa... Ricordo la nebbia che ho
trovato in cima agli appennini. In quel triste giorno ho conosciuto LorenzoGR e Rodeo del forum della Numero Tre...
Vorrei concludere questa pagina con due righe che mi ha inviato Marco Marchisio:
4 Novembre 2002 – San Carlo.
La frase più stupida che ho sentito al funerale diceva “Pensare che
Carlo muoia in moto.....” come se fosse un’eresia, come se il papa
avesse dichiarato che voleva farsi maomettano.
Ma non si può fare a meno (secondo me, ma credo che molti altri lo
pensassero, senza mai dirlo espressamente), di considerare che uno che
guidava le moto (e le auto) come Carlo, è sempre stato a rischio, e
quindi poteva essere strano che non gli sia capitato un incidente prima.
Un trapezista fa un mestiere pericoloso, ed è bravo a farlo. Non per
questo è escluso categoricamente che una volta possa mancare la presa,
e precipitare. Per fortuna c’è la rete.
Per Carlo la rete non c’era. E andare in moto, è sempre molto, ma molto pericoloso.
Ne sappiamo, tutti noi motociclisti, qualcosa.
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Nel 2003 ad un anno di distanza...
...dalla sua scomparsa alcuni amici hanno voluto ricordarlo
pubblicando, sul alcune riviste del settore, un suo disegno del
'92 (tratto da una pubblicità HD) :
Nel 2004...
la "sua" concessionaria Numero Uno di Milano gli dedica un tributo preparando una V-ROD speciale:
Nel 2010...
Sono passati più di otto anni dalla scomparsa di Carlo e durante questa
mia ricerca ho trovato persone alle quali Carlo manca veramente, altre
persone invece che forse erano più attaccate ai suoi soldi.... Sembra
che siano poche le persone che vanno a fargli visita in cimitero
nonostante molti si proclamino suoi amici.
Carlo riposa nel cimitero di Scansano (GR), quando passate da quelle parti fermatevi per un saluto.