Triton 2002 Carlo Talamo & Domenico Pettinari |
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Triton 2002 by Carlo Talamo e Domenico
Pettinari
Tra il 2001 ed il 2002 Carlo ha creato innumerevoli special su base Triumph alcune delle quali utilizzando la nuova Bonneville come punto di partenza. Ricordiamo la sua Bonneville Cafè Racer (quella nera e rosa) e la bellissima Scrambler arancione. Sfogliando le vecchie riviste che ho in garage mi sono imbattuto in un’altra special su base Bonneville che Carlo aveva fatto fare a Domenico Pettinari. Ecco a voi la Triton del nuovo millennio:
Questa meravigliosa motocicletta è stata costruita dall’oramai leggendario Domenico Pettinari, lo storico meccanico Triumph degli anni ’70 che ancora oggi lavora con le vecchie, e nuove, inglesi. Il nome Triton non vi dice niente? E’
l’unione di Triumph e Norton il meglio dei marchi motociclistici
inglesi degli anni ’60 e indicava le cafè racer nate dall’unione del
bicilindrico 650cc Triumph con il celeberrimo telaio “Featherbed” della
Norton. Maggiori informazioni qui: Triton
CFM e Triton Sintich.
TRITON 2002 – UNO SOGNO NEL FUTURO
Testo di Lorenzo Calcioli – Foto Roberto Carer – Tratto da Cafè Racer (Febbraio 2003).
Chinatown, Milano. Non è determinante
il fatto che questa storia nasca
in uno striminzito vicolo del quartiere cinese, dimenticato nel marasma
della grande metropoli Ma fa atmosfera, come un locale buio e fumoso
per un film di Humphrey Bogart. Chinatown, dunque. Tutto inizia in
quello che gli amanti delle care vecchie moto inglesi considerano un
luogo di culto: l’officina di Domenico Pettinari. Per terra c’è un
telaio nudo, probabilmente da riverniciare. E’ un Featherbed, il famoso
letto di piume. Entra un signore. “Il motore delle nuove Bonnie ci
starebbe lì dentro?” chiede, con una punta di curiosità. Anzi, più che
una punta. “Non so, devo vedere – risponde sbrigativo Pettinari – e
comunque quel telaio mi serve, è di un Manx”.
Il motore della Bonnie ora è pronto,
le
staffe sono solo lì ad aspettare di essere imbullonate. Rimane anche lo
spazio per inserire senza problemi il radiatore dell’olio, che va ad
aiutare il prezioso lavoro delle alette di raffreddamento. Inizia a
prendere forma l’intrinseca semplicità di questa creatura: niente
scatolone dell’aria, nessun radiatore per l’acqua, poche complicazioni
tecnologiche. Di frecce e ammeniccoli vari non se ne parla. Il puro
stile cafe racer.
L’idea prende forma Di tanto in tanto il signore fa
visita a Pettinari, controlla che i lavori procedano, si assicura che
siano di suo gusto. Il twin è saldamente inserito nel letto di piume e
si potrebbe addirittura accenderlo, perché nella triangolatura sotto al
sella si è trovato lo spazio per la batteria, nascosta dai primitivi
pannelli che fungono da fiancatine. Gli scarichi sono già attaccati,
lunghi e dritti, paralleli al corpo moto come si conviene a una
scrambler, ma così belli su questa cafè racer d’eccellenza che solo un
pazzo potrebbe pensare di spostarli. Pettinari li ha fatti realizzare
da un suo collaboratore, dopo averne studiato i volumi.
Il capolavoro
va avanti così, all’insegna del classico e della semplicità: ruote a
raggi, una forcella da 35mm – esile ma solo alla vista – ricavata dal
pieno, come si è fatto del resto per piastre di sterzo e mozzi. Piccole
opere d’arte vengono disseminate in giro per la moto, come l’asta di
supporto del freno posteriore, i comandi a pedale, le staffette modello
“Meccano” a reggere i tubi di scarico. Per i freni si prende una
scorciatoia, la tripletta di dischi è infatti di uno Speed Triple, più
che sufficienti per tenere a bada il pur rivisto twin. Si continua
così, tra un contagiri preso dalla Bonnie T100, una coppia di
ammortizzatori replica e una sella clubman fatta fare a “quel”
fornitore fidato. Ma il tocco del KO è il serbatoio in alluminio, con tanto di tappo a scatto, cinghia in pelle di fissaggio e “tatuaggio” Triumph nello stesso arancio del telaio. Lungo e affusolato, il serbatoio è preso da una Norton Manx già rivisitata all’epoca. E qui si chiude il cerchio. Ma non la nostra storia. Anzi, forse inizia proprio qui, ora che la descrizione del gioiello è fatta.
Triton oggi Ci eravamo scordati di un piccolo dettagli, importante almeno quando il telaio Featherbed. Sulla lucida superficie dell’alluminio capeggia una piccola scritta Triton 2002. Che significa molto più di quel che potrebbe sembrare. Racchiude l’idea di quel signore che ha voluto questa modo: trentacinque anni dopo l’epoca della Norvin, delle Norbsa, delle Triton e di tutti quegli splendidi esperimenti e trapianti leggendari, torna una vera Triton. Vera, lo sottolineiamo, perché ripropone la magica accoppiata tra l’ancora guidabilissimo telaio Norton e un motore parallelo Triumph. Quello di oggi. Triton 2002 vuol dire un twin che non si ferma per strada, non brucia gli impianti elettrici, non perde un colpo. E che ha un otto valvole e le cammes in testa. Snella, pulita e bellissima, la Triton 2002 potrebbe essere una nuova idea, se ne potrebbe approntare un piccola serie. Così affusolata e leggera, sarebbe anche un bel fulmine in accelerazione E con i mezzi manubri prenderebbe una velocità più sufficiente per divertirsi, senza nemmeno smontare il pilota con le vibrazioni. Con la sua coppia vispa fin dai regimi più bassi, spingerebbe fuori dalle curve come una palla di schioppo. Chissà, forse stiamo solo farneticando. In ogni caso piacerebbe a molti una Triton che non perde olio, che si accende senza spaccare le caviglie. Una Triton da Superga bianche. Senza calze. Forse avrete capito chi era quel signore entrato nell’officina all’inizio della storia. O forse lo sapevate già dal principio.
Triton 2002 by Carlo Talamo e Domenico Pettinari (foto tratta da Cafè Racer - febbraio 2003)
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